venerdì 29 agosto 2014

LE TERRE DEI FUOCHI NEL MONDO

Il 40% della spazzatura del pianeta viene bruciato così

L’uomo e i suoi rifiuti: viaggio tra le mille “terre dei fuochi” del mondo

Aumenta l’inquinamento dovuto agli incendi delle discariche illegali
[27 agosto 2014]
terra dei fuochi rifiuti
In tutto il mondo l’incenerimento non regolamentato dei rifiuti sta emettendo nell’atmosfera molto più inquinamento rispetto a quanto riportato nei documenti ufficiali.  A dirlo è un nuovo studio condotto dal National Center for Atmospheric Research Usa (Ncar), che ha coinvolto anche l’Environmental Protection Agency. La stima è che «otre il 40% della spazzatura del mondo venga bruciata in tali incendi, emettendo gas e particelle che possono influenzare notevolmente la salute umana ed i cambiamenti climatici».
Nei paesi in via di sviluppo, dove ci sono meno impianti di smaltimento rifiuti, come discariche controllate e  inceneritori e dove la raccolta differenziata, quando va bene, è ancora a livelli pionieristici (per non dire dell’industria del riciclo, tranne pochi esempi virtuosi), la quantità di rifiuti bruciati nei villaggi remoti e nelle megalopoli con decine di milioni di persone è probabilmente in aumento, dato che sempre più persone in tutto il mondo consumano più beni. E anche nei Paesi poveri ormai il bidone della spazzatura contiene oltre a materiali tradizionali come avanzi di cibo e legno, anche oggetti che vanno dalla plastica a scarti dell’elettronica da consumo. Un fenomeno in crescendo che dovrebbe farci capire quanto sia necessario non solo ambientalmente, ma anche economicamente, conquistare e gestire un primato nello sviluppo di una solida industria del riciclo, in modo da mantenere un vantaggio competitivo su economie che – comunque – prima o poi dovranno affrontare il problema.
Il nuovo studio “Global Emissions of Trace Gases, Particulate Matter, and Hazardous Air Pollutants from Open Burning of Domestic Waste”, pubblicato su Environmental Science and Technology,  fornisce le prime stime approssimative, Paese per Paese, delle sostanze inquinanti come il particolato, il monossido di carbonio, e il mercurio, che vengono emesse dagli incendi ed evidenzia che «tali inquinanti sono stati collegati a gravi problemi medici». I ricercatori hanno anche stimato le emissioni di CO2, il gas serra più comune, prodotte dalle migliaia di “Terre dei fuochi” del mondo.
I ricercatori statunitensi fanno notare che «A differenza delle emissioni degli inceneritori commerciali, le emissioni da incendi di rifiuti all’aperto spesso non vengono denunciati alle agenzie ambientali e sono lasciati fuori di molti inventari nazionali sull’inquinamento atmosferico. Per questo motivo, non sono inseriti  nel processo politico decisionale».
Anche secondo la principale autrice dello studio, Christine Wiedinmyer del Ncar, «l’inquinamento atmosferico in gran parte del globo è notevolmente sottostimato perché nessuno sta rintracciando combustione degli incendi  a cielo aperto di spazzatura. La combustione incontrollata di rifiuti è una delle principali fonti di sostanze inquinanti, ed è una cosa che dovrebbe ricevere più attenzione».
Come sappiamo bene in Italia, quantificare l’entità della spazzatura che viene bruciata illegalmente può cambiare l’approccio dei responsabili politici al monitoraggio delle emissioni, ma anche come gli scienziati inseriscono l’inquinamento atmosferico nei modelli informatici utilizzati per studiare l’atmosfera.
Wiedinmyer iniziato chiedersi quale fosse l’impatto degli incendi di rifiuti all’aperto quando in Ghana ha visto  villaggi interamente avvolti dai fumi inquinanti provenienti da cumuli di rifiuti che bruciavano in continuazione. Per stimare le emissioni degli incendi spazzatura il team del Ncar ha confrontato i dati della popolazione e della produzione pro capite di rifiuti con quelli ufficiali sullo smaltimento rifiuti per ogni paese del mondo ed è arrivato alla conclusione che 1,1 miliardi di tonnellate, cioè il 41% dei rifiuti totali  prodotti in tutto il mondo, vengono smaltiti ogni anno con gli incendi illegali.
I Paesi che producono i rifiuti, sono fortemente popolati e con diversi livelli di sviluppo industriale: Cina, Usa, India, Giappone, Brasile e Germania. Ma lo studio ha concluso che le nazioni con le maggiori emissioni da incendi di spazzatura sono i Paesi in via di sviluppo più popolosi: Cina, India, Brasile, Messico, Pakistan e Turchia. Ad esempio, in Cina il 22% del particolato fino a 10 micron proviene dalla  spazzatura che brucia.
Poi, analizzando i modelli di consumi in ogni Paese, il team ha stimato il tipo e la quantità di sostanze inquinanti prodotte negli incendi ed ha concluso che il  29% del particolato (inferiori a 2,5 micron di diametro)  dovuto alle emissioni antropiche globali proviene da incendi di rifiuti, così come il 10% del  mercurio e il 40% degli idrocarburi policiclici aromatici idrocarburi. Inquinanti con significativi impatti sulle malattie respiratorie e cardiache, i  disturbi neurologici e il cancro.
L’impatto globale sulle emissioni di gas serra sembra essere minore,  anche se significativo: gli incendi di rifiuti rappresenterebbero il 5% delle emissioni antropiche di CO2, ma in alcuni Paesi in via di sviluppo come  Lesotho, Burundi, Mali, Somalia e Sri Lanka, la combustione dei rifiuti produce più CO2 di quanto dicano le stime ufficiali (quando ci sono), una discrepanza che può essere importante nei negoziati internazionali sul clima, oltre che per la riduzione delle emissioni di gas serra.
Dato che la combustione all’aperto dei rifiuti non viene regolarmente monitorata, per la Wiedinmyer «le sue emissioni effettive potrebbero essere maggiori o minori rispetto alle stime dello studio di un fattore di due. Tuttavia, l’analisi rappresenta lo sforzo più completo fatto fino ad oggi per calcolare le emissioni provenienti dalla gestione dei rifiuti».
La ricercatrice statunitense conclude: «Il prossimo passo della nostra ricerca sarà quello di monitorare gli inquinanti per determinare dove stanno avendo i maggiori impatti. Questo studio è stato un primo step per definire alcuni limiti all’ampiezza di questo problema. Il passo successivo è quello di guardare a quel che succede quando questi inquinanti vengono emessi nell’atmosfera, dove vengono trasportati e quali sono le popolazioni più colpite».
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