venerdì 19 settembre 2014

...e se la decrescita fosse alla base del nuovo programma dei Verdi e Green Italia

Nicholas Stern: «Se continuiamo con high-carbon gravi rischi per prosperità a lungo termine»

Decrescita felice? Lotta ai cambiamenti climatici e crescita del Pil possono coesistere

Secondo la Global Commision, governi e imprese possono aumentare il Pil e ridurre le emissioni di CO2
[16 settembre 2014]
Crescita clima 1
The New Climate Economy è il progetto di punta della Global Commission on the Economy and Climate, che riunisce 7 Paesi: Colombia, Corea del sud, Etiopia, Indonesia, Norvegia, Svezia ed Usa, una iniziativa “indipendente” che esamina come i diversi Paesi possano crescere economicamente tenendo conto dei rischi posti dal cambiamento climatico. La Global Commission è presieduta dall’ex presidente messicano Felipe Calderón e co-presieduta dal famoso economista Lord Nicholas Stern, ma oltre a questi due volti noti comprende 24 leader di 19 Paesi, tra cui ex capi di governo e ministri delle finanze, leader del business, investitori, sindaci di grandi città ed economisti di fama. Il tutto sotto la guida di un gruppo di studiosi di alto livello, compresi premi Nobel, presieduto da Stern.
Questo esclusivo think tank,  che non nasconde di puntare  a indirizzare l’azione dei leader mondiali, delle grandi multinazionali e degli investitori prima del vertice Onu sul cambiamento climatico di Parigi, ha appena pubblicato “Better Growth, Better Climate: The New Climate Economy Report”, un dossier che ritiene come «i governi e le imprese possano allo stesso tempo migliorare la crescita economica e ridurre le loro emissioni di carbonio. La rapida innovazione tecnologica e i nuovi investimenti nelle infrastrutture oggi stanno rendendo possibile  affrontare il cambiamento climatico e, allo stesso tempo, il miglioramento delle prestazioni economiche».
Il rapporto (che si avvale del World Resources Institute (Wri) come managing partner) è stato realizzato con il contributo di  istituzioni di alto livello come la LSE Cities at the London School of Economics and Political Science o lo Stockholm Environment Institute, e con il sostegno di grandi organizzazioni internazionali come l’International Energy Agency (Iea), il Fondo monetario internazionale, l’Ocse e Banca Mondiale. “Better Growth, Better Climate: The New Climate Economy Report”  è stato presentato oggi in grande stile all’Onu ai leader politici e imprenditoriali in un evento al quale ha partecipato anche il segretario generale dell’Onu Unite Ban Ki-Moon, e arriva una settimana prima del vertice sul clima di New York.
L’ex presidente Calderón in questa occasione fa leva su qualcosa che non piacerà a quei (validi) ricercatori che, solo pochi giorni fa, hanno ribadito che puntare troppo sul “miracolo tecnologico” può far male alla battaglia ambientalista contro il riscaldamento globale: «Il nuovo rapporto su clima ed economia confuta l’idea che dobbiamo scegliere tra la lotta al cambiamento climatico o la crescita dell’economia mondiale. Questo è un falso dilemma. Il rapporto odierno dettaglia le prove convincenti su come il cambiamento tecnologico sia alla testa di  nuove opportunità per migliorare la crescita, creare posti di lavoro, incrementare i profitti aziendali e stimolare lo sviluppo economico. Il  rapporto invia un chiaro messaggio ai leader dei governi e del settore privato: possiamo allo stesso tempo migliorare l’economia e affrontare il cambiamento climatico». L’esatto contrario di quanto afferma, tra l’altro, Naomi Klein  nel suo ultimo libro “This Changes Everything: Capitalism vs. The Climate”, che denuncia l’ipocrisia e il greenwashing del Big business dietro la retorica della lotta tecnologica al cambiamento climatico
Secondo il rapporto, in particolare nei prossimi 15 anni nel mondo saranno investiti circa 90 trilioni di dollari in infrastrutture per città, agricoltura e sistemi energetici e questo offre «l’opportunità senza precedenti di indirizzare gli investimenti in crescita low-carbon, portando molteplici benefici, tra i quali posti di lavoro, salute, produttività aziendale e qualità della vita».
Stern ha ricordato che «le decisioni che prendiamo oggi determineranno il futuro della nostra economia e del nostro clima. Se scegliamo investimenti low-carbon possiamo produrre una crescita forte e di alta qualità, non solo nel futuro, ma ora. Ma se continuiamo lungo la strada ad alta intensità di carbonio, il cambiamento climatico porterà invece gravi rischi per la prosperità a lungo termine».
“Better Growth, Better Climate” stabilisce un dettagliato Global Action Plan  in 10 punti  con raccomandazioni pratiche  che «possono far ottenere allo stesso tempo maggiore prosperità e un clima più sicuro. Si passa dalla costruzione di città intelligenti che migliorano le prestazioni economiche e la qualità della vita (con minori emissioni) al recupero di solo il 12% delle terre degradate, grazie a cui – secondo il rapporto – il mondo potrebbe fornire cibo ad altri 200 milioni di persone.
«Queste misure – si annuncia – porteranno tutte benefici netti per l’economia, prima ancora di prendere in considerazione i loro benefici climatici». La Global Commission on the Economy and Climate calcola che, «se pienamente attuate, le raccomandazioni potrebbero potenzialmente ottenere fino al 90% delle riduzioni di emissioni necessarie entro il 2030 per evitare cambiamenti climatici pericolosi. Ciò richiederebbe un’azione decisiva a partire dai decision-makers economici», e proprio a loro si rivolgerà nei prossimi 6 mesi la Global Commission con «lo  scopo di stimolare l’azione più forte da parte dei governi e dei businesses per portare insieme alla  riduzione delle emissioni e alla crescita».
Il focus del dossier, come si intuisce, è purtroppo quasi interamente concentrato sulla gestione delle dinamiche energetiche, mentre ancora una volta le risorse materiali sono lasciate in un angolo. Giungono comunque valutazioni interessanti (sull’energia), come quella che chiede di eliminare i 600 miliardi dollari che attualmente vengono dati in sussidi ai combustibili fossili, rispetto ai soli 100 miliardi di dollari che vanno alle energie rinnovabili, contribuirebbe a migliorare l’efficienza energetica e metterebbe a disposizione fondi per ridurre la povertà. Triplicare poi la ricerca e lo sviluppo di tecnologie low-carbon, arrivando ad almeno allo 0,1% del Pil, si sostiene possa innescare una nuova ondata di innovazione per la crescita.
Il rapporto sottolinea che ci sono già grandi opportunità per arrivare ad una forte crescita con minori emissioni in tre settori chiave dell’economia globale: città, uso del suolo ed energia, ma «per raggiungere questo obiettivo di crescita, i governi e le imprese devono  migliorare l’efficienza delle risorse, investire in infrastrutture di buona qualità e stimolare l’innovazione tecnologica e del business».
All’interno del dossier si respira però una semplificazione tra politica “cattiva” e imprenditoria “buona”, non tenendo però di conto di quanto proprio il business controlli la politica, magari proprio nei Paesi meno virtuosi. Una visione un po’ manichea che circola a piene mani nel rapporto, e si sintetizza massimamente nelle parole dell’ex presidente Calderon, quando  evidenzia che «non dobbiamo scegliere tra crescita economica e sicurezza climatica. Possiamo avere entrambi. Possiamo scegliere una migliore crescita e un clima migliore». Roba da far rabbrividire i teorici della decrescita felice. L’ottimismo fa certo bene alla salute (e all’economia), e oggi ne avremmo più che mai bisogno, ma un po’ d’equilibrio nelle valutazione, una volta tanto, sarebbe ancora più gradito.
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