martedì 28 ottobre 2014

FIUMI:UN INTERVENTO PER FARE CHIAREZZA

Facciamo un po' di chiarezza
Negli ultimi anni ciclicamente, dopo le alluvioni che con sempre maggior frequenza colpiscono il nostro paese, assistiamo al goffo tentativo di addossare quelle che sono le responsabilità della politica agli ambientalisti.
In particolare i Verdi sono accusati da alcuni mezzi di “informazione”, sicuramente poco attenti nel verificare le fonti quando non compiacenti nel cercare di nascondere le reali colpe, di volere fiumi sporchi e pieni di vegetazione pronta a formare dighe di detriti sotto al primo ponte incontrato dalla piena.

Nulla di più falso, ecco perché.
La gestione dei corsi d'acqua è storicamente una delle esigenze più sentite poiché l'acqua, che rappresenta una risorsa indispensabile per l'uomo, può trasformarsi in grave pericolo (dalla salubrità delle zone paludose sino alle esondazioni passando attraverso i danni causati dall'erosione meteorica). Occorre pertanto agire, specialmente oggi, in un territorio reso ulteriormente fragile dalla pesante antropizzazione e dalla modificazione degli ambienti, legata anche alle evidenti mutazioni climatiche che stanno intervenendo a livello globale.
Limitare, pertanto, il problema alla pulizia degli alvei è fuorviante e riduttivo ed ha puramente valore populistico e di propaganda. Occorre estendere l'analisi delle problematiche e porre in atto le opportune strategie a livello dell'intero bacino idrografico, cioè a quell'area in cui ogni singola goccia di pioggia viene convogliata verso il corso d'acqua principale. E' qui che sono presenti i maggiori fattori di rischio, spesso a causa della difficoltà ad operare per la conformazione dei versanti o perché spesso gli affluenti sono tombati sotto spessi strati di asfalto.
I fiumi, a partire dal XX secolo (Genova ne è un chiaro esempio a causa della copertura del Bisagno realizzata in periodo fascista) sono molto diversi da quelli del passato; il loro corso, specie in ambito urbano, è spesso imprigionato tra muri di cemento che impediscono la naturale espansione nell'alveo di piena, molto più ampio di quello di magra; ricevono, inoltre, un apporto idrico enormemente maggiore rispetto a quando il territorio non era ricoperto dal cemento e poteva assorbire le piogge in eccesso. A tutto ciò si aggiunge drammaticamente un'edificazione selvaggia che porta a costruire in zone esondabili con evidente grave rischio per l'incolumità di cose e persone. In tale senso stigmatizziamo il Regolamento approvato dalla Regione Liguria nel 2011 e volto a rdurre la minima distanza di edificabilità da 10 a 3 metri dalle rive dei corsi d'acqua verso il quale sono pendenti due ricorsi al TAR da parte di Legambiente e Italia Nostra.
Non solo pulizia, quindi, termine che implica la mera rimozione degli ingombri, ma un piano di gestione del territorio accurato,peraltro previsto dalla normativa vigente. Tale piano di gestione deve essere
pluriennale al fine di spalmare gli interventi sul lungo periodo in modo da ottimizzare le (poche) risorse disponibili e da rendere realmente efficaci gli interventi effettuati.
Stagionale in modo da massimizzare gli effetti degli interventi a ridosso dei periodi in cui è più probabile il verificarsi di eventi alluvionali ed evitare problematiche a tutte quelle specie ornitiche che utilizzano i canneti e la vegetazione ripariale per la nidificazione. Poiché questo avviene in primavera e per pochi mesi ciò non pregiudica assolutamente la possibilità di effettuare gli interventi ma solo la necessità, ancora una volta, di mettere in atto una pianificazione preventiva che tenga conto di tutti i fattori in gioco.
Ancora riguardo alle risorse occorre precisare come sarebbe opportuno fare in modo che non si debba rincorrere sempre l'emergenza ma si possa agire preventivamente, in modo da privilegiare la cultura della prevenzione rispetto a quella del recupero dopo i disastri. Si tratta di un approccio che potrebbe limitare in maniera considerevole i danni materiali, i costi della ricostruzione e, soprattutto, il tributo di vite umane spesso pagato durante queste calamità.
Perchè questo non avviene ? Perchè si preferisce agire dopo ?
Secondo noi per due ordini di motivi : perchè in Italia manca completamente la cultura della prevenzione e, fatto questo molto grave e che ha avuto, molte volte nel passato rilevanza penale in molte occasioni perchè sull'emergenza si può lucrare (ricordiamo tutti gli “imprenditori” che ridevano nella tragica notte dell'Aquila). Occorre invertire questa tendenza
Ribadiamo quindi la nostra più ferma convinzione nella necessità di investire sulla prevenzione e rilanciamo attraverso le seguenti proposte:
Predisposizione di un piano pluriennale di bacino che preveda una regolare manutenzione degli alvei mediante rimozione sia delle piante eradicabili sia del materiale sopralluvionale erodibile in caso di piena e che consenta il mantenimento dei requisiti minimi di sicurezza (assenza di ostacoli, sezione idrologica adeguata al regime di massima piena specialmente in presenza di ponti o coperture, mantenimento della pendenza ideale nei vari tratti del corso d'acqua, ecc.)
Manutenzione degli alvei di tutto il bacino idrografico anche attraverso una politica di governo del bosco che impedisca la caduta degli alberi morti all'interno dei rii e la conseguente formazione di pericolose dighe a valle.

Superamento delle attuali normative, in particolare relativamente alla minima distanza di edificabilità dalle rive che andrebbe riportata a minimo 10 metri e al divieto di prelievo e utilizzo delle biomasse presenti nei torrenti, attualmente proibito dai regolamenti demaniali.

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