venerdì 28 novembre 2014

il rapporto di Sbilanciamoci


Nuovo articolo su Comune-info

Sbilanciamo la legge d’instabilità

by benicomuni
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Giovedì 27 novembre è stato presentato  il Rapporto di Sbilanciamoci 2015 “Come usare la spesa pubblica per i diritti, la pace, l’ambiente”, una  proposta alternativa alla legge di stabilità in discussione in parlamento nei prossimi giorni. La contro finanziaria  rispetta l’obbligo del pareggio di bilancio, pur proponendone l’abolizione, dimostrando che la quantità delle risorse pubbliche disponibili non è l’unica variabile che condiziona l’impianto della legge di stabilità.
Il punto dirimente resta quale modello di economia, di società e di democrazia si ha in mente. Quello della legge di stabilità 2015 continua ad essere sbagliato perché finge di fare l'interesse di tutti, ma si inchina agli interessi di banche e imprese e non affronta i buchi neri del declino del nostro paese: l’economia in declino, un’occupazione in calo e sempre più precaria, un sistema di istruzione e di ricerca pubblico indebolito dai progressivi tagli, un disagio sociale crescente che consegna alla povertà assoluta sei milioni di persone, politiche sociali fragili e sempre più delegate alla famiglia, un patrimonio naturale e culturale in abbandono.
L'Europa chiede politiche di austerità, mentre occorre  cambiare rotta. La Legge di Stabilità si iscrive in un quadro europeo sempre più deprimente, da almeno due punti di vista. Da un lato gli ultimi dati confermano un continente in sempre maggiori difficoltà:aumenta la disoccupazione (oltre il 10 per cento secondo Eurostat), così comeaumentano le diseguaglianze, tanto quelle tra diverse regioni europee quanto quelle interne ai singoli Paesi. In Spagna o in Grecia la disoccupazione giovanile viaggia ormai oltre il 50 per cento, l'Italia non è lontana. Crescono in maniera analoga i tassi di povertà – relativa e assoluta – e l'esclusione sociale.
10013955_10205082038804358_8181953783688386725_nDall'altro lato, di fronte a questi dati drammatici i decisori europei insistono su un percorso che si è rivelato fallimentare non solo da un punto di vista sociale, ma persino macroeconomico: dal rapporto tra debito e Pil agli altri indicatori, tutto sembra confermare che l'austerità è il problema, non la soluzione. Le stesse istituzioni che compongono la Troika, a partire dal Fmi, riconoscono nei loro studi più recenti come le politiche di austerità stiano aggravando i problemi e le diseguaglianze europee e come un piano di investimenti pubblico sarebbe fondamentale. Eppure a questi studi non segue un'inversione di rotta delle politiche economiche che continuano a essere dominate dal dogma mercantilista: chi esporta di più vince e l'unico obiettivo dei governi deve essere quello di migliorare la competitività delle imprese. Da qui tagli ai salari e ai diritti di lavoratrici e lavoratori, privatizzazioni, e più in generale una “corsa verso il fondo” sulle normative ambientali, sociali e fiscali. Una visione che sta minando alla base la stessa idea di “Unione” Europea, sostituendola con una competizione europea esasperata.
Una situazione pericolosissima che andrebbe cambiata alla radice, ma che non può in alcun modo costituire un alibi per il governo italiano. Prima di tutto perché lo stesso governo sembra purtroppo sposare in pieno questa fallimentare visione, come confermano le politiche di tagli alla spesa pubblica per ridurre la tassazione delle imprese e come confermano il jobs act o le altre politiche messe in campo.
Un governo che sta facendo passare il semestre di presidenza europea senza tentare di imporre un cambio di visione, senza premere l'acceleratore sulle regole tanto necessarie quanto urgenti per il gigantesco casinò finanziario che ci ha trascinato nella crisi, ma il cui unico impegno su scala europea sembra consistere nel portare avanti il disastroso accordo T-tip di libero scambio con gli Usa. Un accordo che si inserisce nella stessa logica di ulteriore espansione dei "diritti" delle imprese a scapito dei cittadini e dell'ambiente.
Le scelte sbagliate dell'UE o la difficile situazione europea e internazionale non possono costituire un alibi. È' per dimostrarlo che anche quest'anno Sbilanciamoci! propone una manovra che si chiude a saldo zero, ma che mostra come scelte radicalmente differenti sarebbero possibili anche qui da noi, se ci fosse la volontà politica di attuarle. "E' l'Europa che ce lo chiede" è una foglia di fico sempre più improbabile, sia perché i vincoli europei non sono un alibi per scelte politiche disastrose in Italia, sia perché sarebbe ora di ribaltare tale approccio, cambiare rotta e iniziare a essere "noi che lo chiediamo all'Europa".

Breve sintesi Sbilanciamoci! Rapporto 2015 “Come usare la spesa pubblica per i diritti, la pace, l’ambiente”
Dimensioni: 27 miliardi. Saldo: zero84 proposte. E' la contromanovra diSbilanciamoci! 2015.
Gli assi portanti della contromanovra di Sbilanciamoci!
Sul piano delle entrate gli assi portanti sono due.
  1. Un fisco più equo. Si sceglie, con una proposta molto dettagliata, non di aumentare, ma di redistribuire il prelievo fiscale dai poveri ai ricchi, dai redditi da lavoro e di impresa ai patrimoni e alle rendite. Il fisco non è un male, il vero problema è garantirne l’equità e la progressività attuando la nostra Costituzione.
  2. Tagli alla spesa pubblica tossica. Si opta per un riorientamento e unariqualificazione della spesa pubblica tagliando spese militari, sostegno all'istruzione, alla ricerca, alla sanità private e alle grandi opere.

Sul piano delle uscite gli assi portanti sono tre.
  1. Intervento pubblico in economia. L’intervento dello Stato è alla base di un Piano per lavorare e produrre per il benessere sociale. Riqualificazione del trasporto pubblico locale, stabilizzazione del personale paramedico precario, assunzione di figure professionali stabili per combattere gli abbandoni scolastici, messa in sicurezza del nostro territorio, investimenti nella ricerca pubblica, nell'istruzione e nella tutela del patrimonio culturale potrebbero creare migliaia di posti di lavoro.
  1. Lotta alle diseguaglianze sociali. Un sistema di welfare universalistico, non gattopardesco e schizofrenico come quello attuale, richiede un maggiore investimento nei fondi sociali, nel sistema per l’infanzia pubblico e, soprattutto, l’introduzione di una misura di reddito minimo garantito.
  1. La buona spesa pubblica. E’ quella che investe nell’edilizia popolare pubblica (anziché svenderla), nella tutela dei beni comuni (e non nella loro privatizzazione), in un Piano energetico lungimirante, nella preservazione del nostro patrimonio naturale, nel Servizio Civile Universale e nell'Aiuto pubblico allo Sviluppo (con risorse adeguate), nell'economia solidale, a partire dalla destinazione di spazi o aree dismesse di proprietà pubblica o abbandonate dal privato.

84 proposte dettagliate, elaborate dalle 46 organizzazioni aderenti a Sbilanciamoci!,generano risparmi o maggiori entrate da un lato, tagli alla spesa sbagliata e maggiori stanziamenti per quella giusta dall’altro, in 7 aree chiave: Fisco e Finanza, Lavoro e Reddito, Cultura e Conoscenza, Ambiente e sviluppo sostenibile, Welfare e diritti, Cooperazione pace e disarmo, Altraeconomia.
Le risorse ci sono…
Un fisco equo
Il prelievo fiscale non va ridotto, perché ciò si tradurrebbe necessariamente in minori servizi pubblici, ma va operata una grande, duplice, redistribuzione dell’imposizione:dai poveri ai ricchi e dal lavoro a patrimoni e rendita.
Tassazione Irpef: si prevede la riduzione di un punto delle aliquote sui primi due scaglioni, l’aumento di tre punti delle aliquote sul IV e sul V scaglione e la creazione di un VI scaglione, oltre 100mila euro, con aliquota al 50%. Si propone l’aumento di 100 euro delle detrazioni Irpef su redditi da lavoro e pensioni, l’abolizione del regime di tassazione separata per le rendite finanziarie (attualmente al 26%) e della cedolare secca sugli affitti a canone libero (oggi al 21%), con assoggettamento di questi redditi all’Irpef.
Iva: si inverte la tendenza all’aumento, riportando l’aliquota base dal 22% al 21%.
Tassazione del patrimonio: si prevede l’introduzione di un’imposta patrimoniale con aliquote progressive, che nella componente immobiliare operi una redistribuzione a parità di gettito (sostanzialmente esentando i ceti bassi), mentre nella componente finanziaria generi entrate aggiuntive per 4 miliardi (2 dalle famiglie e 2 dalle imprese). La franchigia sulla tassa di successione verrebbe ridotta a 100mila euro con, anche in questo caso, aliquote di tassazione crescenti con la ricchezza.
Gli interventi su Irpef e Iva proposti costerebbero rispettivamente 0,9 e 4 miliardi, mentre la tassazione di patrimoni e successioni genererebbe equivalenti entrate aggiuntive.
Altre specifiche misure settoriali genererebbero risorse aggiuntive da impiegare per finanziare la spesa pubblica utile. Tra queste: la tassazione aggiuntiva sui capitali già scudati (5 miliardi), la revoca del condono sui concessionari di videogiochi (2,1 miliardi), il rafforzamento della tassa sulle transazioni finanziarie (0,8 miliardi), la tassazione degli immobili tenuti vuoti (400 milioni), misure di contrasto al canone nero e irregolare (250 milioni), la tassazione dei profitti del settore del lusso (200 milioni) e nocivi, come l’emissione di Co2 delle auto (500 milioni), l’adeguamento dei canoni di concessione per le attività estrattive (205 milioni) e delle acque minerali (250 milioni), le misure fiscali penalizzanti per il rilascio del porto di armi (170 milioni).
Tagli alla spesa pubblica sbagliata
Si propone di cancellare gli stanziamenti previsti dalla legge di stabilità 2015 per le scuole private (471,9 milioni) e di sostituire con insegnamenti alternativi l’ora di religione nelle scuole il cui costo è stimato in 1,5 miliardi di euro. La revisione dei criteri di valutazione dei falsi invalidi potrebbe generare un risparmio di 250 milioni.
Si chiedono una riduzione degli stanziamenti per le Grandi infrastrutture strategichedannose per l’ambiente (1,5 miliardi), l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta che esamini lo stato delle convenzioni con le strutture sanitarie private, che generano molti sprechi e abusi (1 miliardo) e l’eliminazione del bonus bebè (202 milioni) a vantaggio della riduzione delle rette per gli asili pubblici.
Si propongono la chiusura dei Cie e dei CARA (191,9 milioni) e la riduzione delle spese militari portando entro il 2016 il livello degli effettivi delle Forze armate a 150.000 unità (400 milioni), eliminando l’ausiliaria per una fascia di ufficiali superiori (440 milioni), azzerando la parte di fondi iscritti al bilancio del ministero per lo Sviluppo Economico a disposizione del Ministero della Difesa per sostenere le industrie a produzione militare per specifici programmi d’armamento (2,2 miliardi). Restano naturalmente le richieste storiche di Sbilanciamoci!: la rinuncia al programma di acquisto degli F-35 (500 milioni) e della seconda serie di sommergibili U-212 (210 milioni) e il ritiro da tutte le missioni a chiara valenza aggressiva (600 milioni).
…Usiamole per una spesa pubblica di qualità
Innanzitutto: Lavorare e produrre per il benessere
4 miliardi sono destinati ad un Piano di investimenti pubblici per creare occupazionenel settore dei trasporti ferroviari locali, stabilizzare il personale paramedico precario, assumere figure professionali stabili per combattere gli abbandoni scolastici e mettere in sicurezza il nostro territorio. 900 milioni sono invece destinati a finanziare la ricerca di base e applicata con l’istituzione di un Fondo venture capital “Industrial Compact 2020: industrializzazione della R&S”. Si propone inoltre di attribuire le risorse messe a bilancio per il credito di imposta a favore delle imprese che investono in ricerca ai bilanci degli enti di ricerca pubblici nazionali (costo zero).
Una politica a garanzia dei diritti dei lavoratori, nel contesto di una scarsità della domanda di lavoro, potrebbe inoltre prevedere una piccola riduzione dell’orario di lavoro, lastabilizzazione dei lavoratori precari della pubblica amministrazione e misure finalizzate ad aumentare il costo del lavoro atipico.
Non solo lavoro, ma anche reddito
Si propone di sperimentare una misura di reddito minimo garantito. Con 4 miliardi sarebbe possibile garantire 500 euro al mese individuali a circa 764 mila persone che si trovano in condizioni di povertà assoluta, ovvero con una capacità di spesa mensile inferiore a un paniere di beni di “sussistenza” e che sono in cerca di occupazione. Siamo consapevoli che il finanziamento di un vero e proprio reddito di cittadinanza richiederebbe la rivisitazione dell’intero sistema delle politiche del lavoro, sociali e fiscali e un investimento ingente, improbabile nell’attuale contesto economico e politico, ma riteniamo fondamentale l'inizio di una sperimentazione di questo tipo, mancante in Europa, soltanto in Italia e Grecia.
Cultura e conoscenza: il nostro futuro
Cultura, scuola e università sono state duramente colpite dalla miopia dei tagli lineari degli ultimi anni. Per rafforzare le politiche culturali Sbilanciamoci! propone la costituzione di un fondo rotativo per la ristrutturazione degli spazi di proprietà pubblica da destinare allo svolgimento di attività culturali (20 milioni), misure di sostegno all’accesso alla cultura per studentesse e studenti (20 milioni), l’introduzione di un credito di imposta per le produzioni musicali di artisti emergenti (10 milioni), un’integrazione del Fondo Unico per lo Spettacolo (95 milioni) e del Fondo per le associazioni di promozione cinematografica (300mila euro).
Per migliorare il sistema di istruzione pubblico si propone di varare una piano ventennale per l’edilizia scolastica (1 miliardo per il 2015), di finanziare la legge 440/97 (300 milioni) e garantire il diritto allo studio (300 milioni), di promuovere progetti che favoriscano l’alternanza scuola-lavoro (200 milioni), di costituire un fondo per l’innalzamento dell’obbligo scolastico e per l’integrazione (200 milioni), di finanziare la promozione di progetti studenteschi (10 milioni) e la formazione di docenti curricolari per l’inclusione degli alunni con disabilità (20 milioni). 800 milioni sono destinati a incrementare il Fondo di finanziamento ordinario dell’università e 400 milioni a garantire la copertura totale delle borse di studio.
Case senza persone e persone senza case
Nella legge di stabilità non ci sono risorse per la politica sociale sulla casa. Ma sono circa700.000 le domande di alloggi popolari non soddisfatte e 70.000 le sentenze di sfratto ogni anno, aumentate a seguito degli effetti della crisi. 30 mila sono gli alloggi di edilizia residenziale pubblica non assegnati perché bisognosi di ristrutturazione. Si propone di investire di più nel recupero di immobili di proprietà pubblica per uso abitativo (1 miliardo) e nel sostegno sociale all'affitto (300 milioni) e di integrare il Fondo per la morosità incolpevole (300 milioni),.
Verde
Non c’è futuro senza salvaguardia dell’ambiente. Per attuare una strategia per l’adattamento ai cambiamenti climatici e alla manutenzione del territorioservirebbero investimenti per 2 miliardi di euro per i prossimi 20 anni. Recuperando le risorse dal taglio delle grandi opere e dalla tassazione delle attività che danneggiano l’ambiente, Sbilanciamoci! chiede che nella Legge di Stabilità 2015 siano stanziati a questo scopo almeno 500 milioni di euro.
Si propone inoltre di integrare il Bilancio del Ministero per l’ambiente di 100 milioni, di costituire un fondo di rotazione per le demolizioni delle opere abusive (150 milioni), di varare un piano nazionale per la mobilità sostenibile (1 miliardo), di promuovere l’installazione di impianti fotovoltaici con accumulo (200 milioni), di tutelare le aree protette (30 milioni).
Spendere di più e meglio per proteggere le persone
I diritti sociali non sono un lusso né una merce. Per contrastare le scelte di privatizzazione in corso da tempo, Sbilanciamoci! propone di integrare il Fondo Nazionale Politiche Sociali (1,164 miliardi) per riportarlo ai livelli del 2008, impiegare le risorse stanziate per il bonus bebè per ridurre le rette degli asili nido pubblici (costo zero), integrare il Fondo per la non autosufficienza (350 milioni) e quello per l’infanzia (15,2 milioni), varare misure per l’invecchiamento attivo (1 milione) e per l’inclusione attiva delle persone con disabilità (50 milioni). L’inserimento sociale dei detenuti potrebbe avvenire a costo zero.
La sanità pubblica va difesa: per ridurre i ticket sanitari e rafforzare la medicina territoriale servirebbe 1 miliardo recuperabile rivedendo le convenzioni con le strutture sanitarie private.
Per promuovere le politiche di genere sono fondamentali provvedimenti come l’assegno di maternità universale (900 milioni), incentivi nei settori della formazione tecnico-scientifica delle donne (275,1 milioni) e, visto il pericoloso aumento della violenza sulle donne, un finanziamento per nuovi centri antiviolenza (50 milioni).
L’ampliamento degli interventi di inclusione sociale e lavorativa dei cittadini stranieri(60,9 milioni), l’abolizione della tassa di soggiorno (26 milioni), il rafforzamento del sistema nazionale di lotta contro le discriminazioni e il razzismo (30 milioni) e il varo di un piano nazionale di smantellamento dei “campi nomadi” potrebbero arginare, se accompagnati da un rafforzamento delle politiche di welfare generali, l’ondata di razzismo che sta travolgendo di nuovo il nostro paese.
Costruire la pace dal basso
Parte delle risorse risparmiate riducendo la spesa militare potrebbe essere utilizzata per finanziare le politiche di pace: il finanziamento dei corpi civili di pace (17 milioni), l’adeguamento delle risorse per l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (25,1 milioni) e per il Servizio Civile Universale (134,5 milioni), il finanziamento di un Istituto per la pace ed il disarmo (5 milioni), la riconversione dell'industria a produzione militare (200 milioni).
Un'economia diversa
I Gruppi di Acquisto Solidale, il circuito del commercio equo e solidale, gli orti urbani, i Distretti di Economia e Solidale, le forme di autorganizzazione che rianimano immobili pubblici dismessi e in abbandono, i mercati eco-solidali, le esperienze di finanza etica sono presenti ormai da diversi anni nel nostro paese eppure stentano a trovare un riconoscimento istituzionale.
Poche risorse basterebbero per varare un progetto pilota di ricognizione delle aree dismesse per utilizzarle a fini sociali (1 milione), sostenere una rete nazionale di mercati e fiere eco&eque (10 milioni), dieci progetti pilota per promuovere la Piccola distribuzione organizzata (10 milioni).

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