Il 2015 potrebbe aprirsi con una buona notizia per la libertà d’informazione.
Giovedì 1° gennaio la Corte di Cassazione, il massimo organo giudiziario egiziano, esaminerà l’appello di Mohamed Fahmy, Peter Greste e Baher Mohamed, i tre giornalisti di Al Jazeera arrestati il 29 dicembre 2013 e condannati il 23 giugno 2014 a sette anni di carcere, più altri tre anni per Mohamed, colpevole anche di aver raccolto come souvenir la cartuccia di un proiettile.
La Corte di Cassazione potrebbe confermare definitivamente le condanne oppure annullarle e rinviare il caso a un tribunale inferiore per un nuovo processo. C’è anche una terza possibilità: quella della grazia in nome degli “interessi nazionali”, ventilata dal presidente Abdel Fattah al-Sisi il 20 novembre in un’intervista a France 24.
Fahmy, Greste e Mohamed, considerati prigionieri di coscienza da Amnesty International, sono stati giudicati colpevoli di diffusione di notizie false, possesso di attrezzature senza permesso e assistenza alla Fratellanza musulmana.
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Nelle 12 udienze in cui si è svolto il processo, la pubblica accusa non è mai stata in grado di dimostrare le accuse nei confronti dei tre imputati e ha ostacolato i tentativi degli avvocati difensori dicontestare le prove. Non è mancato neanche un tentativo di estorsione, quando l’avvocato di Fahmy si è visto chiedere 1.200.000 lire egiziane per poter visionare un filmato trattenuto dalla procura.
In aula, i testimoni dell’accusa sono caduti in contraddizione rispetto alle dichiarazioni scritte rese all’inizio dell’inchiesta. Gli esperti convocati dalla pubblica accusa non hanno saputo dire quali immagini fossero state alterate o quali attrezzature fossero prive di permesso.
Nella sentenza di 57 pagine si può anche leggere il pregevole argomento giuridico secondo cui i tre giornalisti di Al Jazeera sono stati aiutati dal diavolo.
Mohamed Fahmy è in cattive condizioni di salute. In carcere è stato operato per una frattura al braccio destro e ha contratto l’epatite C.
Sempre giovedì, la Corte di cassazione esaminerà l’appello di altri quattro prigionieri processati insieme ai tre di Al Jazeera: Sohaid Saad Mohamed Mohamed, Khaled Mohamed Abdulraouf Mohamed, Shadi Abdul Hameed Abdul Azeem Ibrahim e Khalid Abdulrahman Mahmoud Ahmed Abdowaahab, a loro volta condannati a sette anni per appartenenza alla Fratellanza musulmana e complotto contro la reputazione internazionale dell’Egitto.