Claudio Scajola e i suoi amici. Alla fine le primarie del Pd inLiguria potrebbero deciderle loro. La santa alleanza tra burlandiani e (ex) scajoliani è ormai alla luce del sole e dei riflettori. L’appuntamento che mette il sigillo è fissato per lunedì adAlbisola. Titolo della serata: “Un progetto con Raffaella Paita”, cioè il candidato alle primarie Pd che rappresenta la continuità con Burlando (il suo primo sponsor).
Ma a scorrere la lista degli interventi qualcuno ha fatto un salto sulla sedia: ecco Franco Orsi, prima Dc, poi Forza Italia, infinePdl. Un uomo di Scajola, nonché sostenitore in passato di Luigi Grillo (entrambi arrestati nel 2014). E oggi, si scopre, grande sponsor della candidata Pd. In Liguria, però, ormai non ci si stupisce più di niente: è qui che l’alleanza trasversale centrosinistra-centro-centrodestra è stata sdoganata ben prima che Matteo Renzi la portasse al Governo. Così nessuno storce il naso ricordando i durissimi attacchi che appena una manciata di anni fa lo stesso Orsi lanciò contro il marito della Paita, Luigi Merlo, presidente del porto di Genova: si chiedeva “se la nomina di Merlo, avvenuta in un contesto di conflitto tra le Istituzioni liguri e al limite della legittimità istituzionale possa garantire autorevolezza”.
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Acqua passata. Oggi stanno tutti dalla stessa parte. E nessuno pare chiedersi se sia opportuno che il candidato presidente della Regione e il presidente del porto di Genova siano marito e moglie. Nessuno chiede spiegazioni sulle intercettazioni in cui Merlo domandava sostegno elettorale per i suoi amici a un imprenditore calabrese arrestato per gli appalti post-alluvione.
Bastano poche ore per liquidare l’imbarazzo sui grandi elettori di Paita. Orsi è soltanto l’ultimo dell’ex fronte scajoliano. Pochi giorni fa era toccato ad Alessio Saso. Quel Saso, oggi Ncd, così definito dagli stessi vertici Pd: “Oltre a essere un ex esponente di An, Saso èindagato (voto di scambio, ndr) nell’inchiesta Maglio 3 sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nel ponente ligure”.
Ma il malloppo di voti portato dagli scajoliani vale bene qualche polemica. Del resto non passa giorno senza che il Pd ligure sia toccato da qualche scandalo. Ecco il bollettino delle ultime settimane: prima è stato indagato il tesoriere del gruppo Pd in Regione Liguria, Mario Amelotti (interrogato per ore dai pm). Poi è toccato al capogruppo in Regione: Nino Miceli. L’accusa èpeculato. È ancora l’inchiesta spese pazze, ma in Liguria nessuno sembra farci caso. Dopo che quasi mezzo consiglio regionale è stato indagato. Dopo che due vice-presidenti della Giunta guidata da Claudio Burlando sono stati arrestati nel silenzio generale di maggioranza e opposizione (nessuno può più permettersi di scagliare la prima pietra).
Il Pd che governa la Liguria – quasi senza interruzioni – dal secondo Dopoguerra si prepara alle primarie in un clima di tensione. Di rinvii. Di resa dei conti. Di accuse. L’ultima: i tweet pro-Paita di Burlando sul sito istituzionale della Regione: “I cacciatori sono con Raffaella”, scrivono gli amanti della doppietta. E il Governatore aggiunge: “E siamo tanti”. Ma l’esito del confronto tra Paita e Sergio Cofferati è incertissimo: se l’affluenza sarà bassa, potrebbe prevalere il nocciolo duro del partito, in maggioranza filo-Paita. Da Roma Renzi finora ha preferito non schierarsi tra il duo Paita-Burlando – che si dichiara renziano, ma non è amato dal leader – e l’ex segretario Cgil, padre della battaglia per difendere l’articolo 18. Del resto si sa: chi vince le primarie in pratica conquista la Regione. Ecco il paradosso: il consenso è ai minimi storici, ma il centrodestra si è sgretolato e il Movimento Cinque Stelle pare far di tutto per non vincere, per lasciare al potere l’attuale classe dirigente. Quell’unione di fatto tra centrosinistra e centrodestra (più curia di Genova) che in Liguria si è sempre incontrata sui nodi decisivi della politica e degli affari: dalcemento alle banche, con mezza famiglia Scajola, figure vicine al Pd e al cardinale Bagnasco che occupavano le poltrone chiave della Carige. E chissà che non continui così.