lunedì 26 gennaio 2015

perche' la disoccupazione giovanile?Una lettura non convenzionale...

di Floro Caroleo
23 gennaio 2015
In un precedente articolo (Dal Jobs Study al Jobs Act) ho cercato di mostrare come vi sia un comune idem sentire tra gli studiosi e i policy maker che riconduce l’alta disoccupazione giovanile in Italia, se paragonata agli altri paesi europei, al malfunzionamento del mercato del lavoro. Da qui il dibattito si concentra nella identificazione delle istituzioni, le norme, formali o informali che contribuiscono a determinare tali fattori di rigidità e nella ricerca delle politiche, prevalentemente orientate ad una maggiore flessibilità, utili a ripristinare il regolare funzionamento del mercato.  

Le rigidità che impediscono ai giovani che escono dalla scuola di fare esperienze lavorative, normalmente attraverso vari lavori temporanei, così da completare l’investimento in capitale umano che li metta in grado di trovare un posto di lavoro adeguato, sono state ricondotte a tre aspetti: a) le rigidità contrattuali che aumentano i costi di assunzione e di licenziamento; 2) un sistema scolastico ed universitario poco aperto alle esperienze lavorative; 3) un sistema di servizi all’impiego (SPI) inefficiente e dotato di risorse scarse.
L'dea che muove la recente legge delega sul lavoro (il Jobs Act) è che l’aggravarsi della condizione dei giovani in questi anni di crisi sarebbe la conseguenza della difficoltà dei vari governi a ridisegnare in maniera adeguata l'assetto istituzionale che regolamenta il passaggio dalla scuola al lavoro dei giovani. L’intento è di intervenire su tutti i punti precedenti: sull’aspetto contrattuale si vuole introdurre il “contratto a tutele crescenti”, sul secondo punto si intende riordinare il contratto di apprendistato, mentre con la Garanzia Giovani si vuole ridare forza ai servizi di orientamento e di incontro tra domanda e offerta dei Centri per l’impiego.
Domandiamoci ora se nelle regioni dove è concentrata più della metà delle disoccupazione giovanile essa può essere considerata come il frutto del malfunzionamento del mercato. Le regioni, come è intuibile sono quelle meridionali e i dati si riferiscono al 2006, anno favorevole alla crescita dell'occupazione e non influenzato dagli effetti della successiva crisi. La popolazione dei 18enni, 19enni ecc. è stata divisa in studenti, occupati e neet, ovvero i disoccupati e gli scoraggiati. Il primo grafico si riferisce ai maschi e il secondo alle femmine.
Se la transizione dalla scuola al lavoro “funzionasse” bene in un periodo di crescita dell’occupazione ci si aspetterebbe che man mano che i giovani escono dalla scuola o dall’università trovino velocemente lavoro. La quota di neet dovrebbe consistere in quella percentuale di giovani che nel processo di ricerca, che li porta a fare diverse esperienze lavorative, si trovano momentaneamente disoccupati. Come detto, il malfunzionamento consiste nel considerare i tasso di disoccupazione giovanile troppo elevato, se paragonato agli altri paesi europei, a causa delle rigidità istituzionali che ostacolano la transizione.
Dal grafico tuttavia risulta abbastanza evidente che il giovane meridionale che finisce il suo ciclo di istruzione non trova lavoro e rimane invece nel limbo della disoccupazione o addirittura tra gli scoraggiati. La percentuale dei occupati maschi anche per la popolazione dei 27-29enni non supera il 50%, la percentuale di neet si mantiene sempre intorno al 40%. Per le donne le cose vanno peggio. La percentuale delle occupate arriva appena al 25% e quella dei neet arriva del 70%. Il tasso di disoccupazione si attesta, costantemente in tutti gli anni, intorno ad una media del 50-60%.
Riformulando la domanda iniziale, ci si chiede: è mai pensabile che la disoccupazione giovanile sia riconducibile al mal funzionamento del mercato del lavoro? Possono bastare la facilità di licenziamento, fare più stage, incentivare i contratti di apprendistato o più colloqui di orientamento per far sì che i giovani meridionali riescano a trovare un’occupazione soddisfacente o, almeno, un’occupazione qualsiasi?
Si provi ad indovinare dove tutti gli studi empirici collocano il più alto tasso di precarizzazione dei contratti temporanei, dove è stato anche attivato il minor numero di stage e tirocini e contratti di apprendistato, e dove vi è la più bassa percentuale di opportunità di lavoro, quasi tutte a termine e in gran parte di "bassa qualità", resa disponibile dalle imprese nell’ambito della Garanzia Giovani.
In sintesi sembra evidente che il vero problema dei giovani oggi, così come in periodi favorevoli, sembra ricondursi alla mancanza di opportunità di lavoro. Gli sforzi degli esperti e dei policy maker dovrebbero dunque essere indirizzati a come è possibile far ripartire gli investimenti per aumentare la produzione e l’occupazione.
Fino a un po’ meno di mezzo secolo fa, quando ancora non si era affermata la tesi che il mercato fosse la ricetta salvifica di tutti i problemi economici, il rimedio comunemente accettato era una politica fiscale espansiva. Nel nostro paese, di fronte ad una analoga situazione di crescita della disoccupazione giovanile, 37 anni fa la risposta del governo fu quella di lanciare un programma di occupazione, soprattutto nel settore pubblico, la Legge 1º giugno 1977, n. 285. Per lo Stato è stato un modo di coprire deficienze di organico in alcuni settori della pubblica amministrazione (musei, uffici culturali, siti archeologici, le gallerie, le pinacoteche, uffici regionali, provinciali e comunali, uffici dell’amministrazione finanziaria). Per molti giovani è stata un’occasione per trovare lavoro, percepire un reddito che gli ha permesso di sposarsi, avere figli (che magari oggi si trovano a loro volta alla disperata ricerca di un lavoro) e, in sostanza, contribuire alla formazione del reddito nazionale. Chissà se questi ex giovani della 285 non siano disposti a rinunciare agli 80 euro concessi dal governo Renzi qualora si proponesse di dirottarli su un “buon” programma di occupazione pubblica per fornire un’opportunità ai propri figli.


Giovani delle regioni del Sud- 2006

Uomini e Donne

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