venerdì 30 gennaio 2015

riflettendo sul PD

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Il metodo Mattarella ci libera dall'equivoco del Nazareno e ci riporta al mito fondativo del Pd

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L'intervento di Matteo Renzi all'assemblea dei grandi elettori Pd, pur nel solco di uno stile moderno di comunicare, agile e ironico, che può piacere o meno, conteneva uno spessore politico significativo. Anzitutto a partire dal forte richiamo alla nobiltà e alla moralità della politica, al senso di responsabilità. Parole care ai grandi leaders della prima Repubblica. Quella di Mattarella è una scelta importante. In una stagione di grandi trasformazioni e discontinuità essa segna un "ritorno ai principi". Rappresenta lo sforzo di ricerca di un 'mito' fondativo, che non può prescindere dalla storia della nostra Repubblica e dal motivo originario che è alla base della nascita del Pd.
Il "cambio verso" dunque, in questa fase, per uscire da un pericoloso stallo e per ritrovare slancio e robustezza di contenuti trae alimento dal migliore passato. Grazie a una buona impostazione e a un buon metodo di confronto e discussione interna al Pd stiamo sciogliendo l'equivoco che aleggia sul Patto del Nazareno. Equivoco sì, perché, mentre Berlusconi, come sempre, intende questo e altri patti come scorciatoie per sé e per le sue aziende, il Pd considera le larghe intese una condizione di realismo per le riforme istituzionali e per la modernizzazione dello Stato. Per lo stesso motivo: il bene del paese, un ritorno alle urne ora sarebbe sbagliato e inutile.
Mattarella è l'erede di una nobile tradizione che non piace a Berlusconi. Mi riferisco alCompromesso storico, alla lotta alla mafia delle classi dirigenti meridionali e alla profonda consapevolezza costituzionale che sta alla base della nostra democrazia. Tutti elementi che lo hanno portato alla Corte Costituzionale prima e ora al Quirinale.
La storia di Piersanti, suo fratello, è anche la sintesi di quel che di meglio è venuto dal governo locale e dalla selezione dei gruppi dirigenti locali dei grandi partiti della prima Repubblica. La storia è nota. Nel lontano 1979 quando Pio La Torre intervenne al congresso della Dc Siciliana denunciando la corruzione e la commistione di interessi criminali orbitanti nell'assessorato regionale all'agricoltura della giunta presieduta da Piersanti, quest'ultimo, nella sua replica, piuttosto che difendere i suoi uomini avrebbe dato ragione al leader comunista, annunciando una svolta nella gestione degli appalti pubblici e nella trasparenza della spesa pubblica.
Da lì sarebbe cominciata una rapida fase di cambiamento, che lo avrebbe trasformato tragicamente in un bersaglio e in una vittima di mafia. Due anni dopo sarebbe toccato a La Torre, a cui dobbiamo la legge sulla confisca dei patrimoni dei mafiosi. Moro era scomparso da qualche anno, ma il Compromesso storico era ancora l'opzione di fondo della parte migliore del Pci e della Dc.
Non mi ha stupito dunque che anche sui social network il nome di Mattarella abbia evocato valori così nobili e alti. Gli Italiani hanno a cuore le sorti del paese e sono disposti a riconoscersi nella politica quando essa è in grado di evocare i principi di una forte "religione civile"; a partire dalla legalità e dalla lotta senza quartiere alle ingiustizie. Per questo ritengo si possa dire che siamo davanti a un passaggio fondativo o rifondativo, anche e sopratutto del Pd.
Il metodo usato da Renzi per questa scelta ha funzionato e dovrebbe valere anche per altre cruciali questioni. A partire dalle grandi scelte di politica economica, di riforma del mercato del lavoro e a partire anzitutto dal nodo identitario del partito. Alla lucedei fatti di Grecia e dello scricchiolare del dogma dell'austerità voluto dalla Troika toccherebbe proprio al Pd, partito capofila del Pse, l'urgenza di un grande concorso di idee e programmi per la rigenerazione del Socialismo europeo.
Spero che questa volta, oltre al presidente del Consiglio, abile sismografo di ogni mutamento d'umore degli italiani, anche il Parlamento sia in grado di intercettare il sentimento del paese e uscire dall'atmosfera ampollosa del palazzo. Lo dobbiamo ai nostri padri e ai nostri figli.

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