venerdì 27 febbraio 2015

delirio omofobico?

Il senso di Pro Vita per l’omofobia. Quando lo spot è osceno

Una pessima forma per un pessimo contenuto. Questo è il nuovo spot dell'associazione Pro Vita contro la cosiddetta "ideologia gender". Omofobo? Non solo. Orribile, anche tecnicamente...


Ci sono casi in cui la perfetta equivalenza tra forma e contenuto balza agli occhi, con una evidenza disarmante. Casi in cui, tra sciatteria estetica e miseria culturale, ti balena in testa una domanda: ma è peggio quello che dicono o il modo in cui lo dicono?
L’esempio tipico lo incarna il nuovo spot realizzato di Pro Vita, una di quelle associazioni cattoliche impegnate nella lotta contro le “lobby gay”, la moda dell’omosessualizzazione e il libertinismo dilagante. Una minaccia che, secondo i novelli santi inquisitori – parenti delle Sentinelle in Piedi o dei francesi Manif pur Tous –  starebbe penetrando, subdolamente, tra i banchi d scuola. I pargoli d’Italia sarebbero dunque alla mercè di un progressismo pervertito, intenzionato a minare le basi della società occidentale: cresceranno convinti che la distinzione di genere non esiste, imparando a memoria il nuovo verbo (“essere gay è bello, anzi: è un obbligo”), mentre le famiglie tradizionali non esisteranno più, i figli si faranno solo in provetta, il demonio ci trasformerà in un esercito di replicanti dissoluti e infine, nel giorno del Giudizio, la terra esploderà, inghiottita dalle fiamme dell’Inferno.
Campagna per le unioni gay
Campagna per le unioni gay
Ora, va da sé che per contrastare tale apocalittica visione occorrano strumenti affilatissimi di contropropaganda. Pro Vita, allora, distribuisce opuscoli nelle scuole, porta avanti dure campagne contro l’”ideologia gender”, si batte per la sospensione delle ore di educazione sessuale e organizza manifestazioni in difesa del mondo “normale”: quello dove i maschi sono maschi e le femmine sono femmine. Tutto il resto – il brutto, il cattivo e l’osceno – resta fuori, tra gli sgabuzzini di casa, le soffitte della coscienza e le gattabuie dei rassicuranti regimi politico-culturali. Insomma, l’ordine prima di tutto.
Campagna Pro Vita
Tra le misure messe a punto per contrastare questo caos imperante c’è anche uno spot. Anti-capolavoro che spinge il dilettantismo verso la categoria del grottesco. Riprese, dialoghi, ambientazioni, ritmo, montaggio: una roba che non attiene più solo all’ingenuo, ma che celebra il cattivo gusto. La storia: la mamma torna a scuola col bambino, “sconvolto” per via di una lezione in cui si raccontava che scegliere se essere donna o uomo è possibile. È il “progetto massonico” che avanza, per traviare le labili menti dei fanciulli. E mentre la genitrice confida le sue paure al marito, adagiato sul sofà dinanzi alla tv (come da “tradizione”), parte una sequenza di immagini con transessuali conciati come al Carnevale di Rio, gay mezzi nudi , chiappe al vento ed altre amenità. Ed è proprio il pater familias che alla domanda definitiva – “VUOI QUESTO PER I TUOI FIGLI?” – risponde con sguardo fiero da supereroe: “NO”. E che battaglia sia.
Campagna Pro-Vita
Campagna Pro-Vita
Se poi chiedi ai signori di Pro Vita quali siano queste scuole che minacciano la gioventù con l’ideologia gender, la risposta è vaga. Alcune, qui e là. Ma quel che conta è il messaggio: insegnare ai bambini che non si discrimina chi è diverso da noi, e che l’omosessualità non è una colpa né una malattia, è un modo per traviarne le coscienze. Mica – come pensavamo in tanti – una normale lezione di civiltà.
Cavoli, cicogne, maschilismo e omofobia. E il menu è servito, per la società tradizionale di domani. Un brutto film, in tutti i sensi. E non poteva essere altrimenti: contenere tante sciocchezze in un prodotto intelligente, dalla raffinata fattura,  sarebbe stato arduo. Il miglior manifesto culturale contro le idee di Pro Vita? Se lo sono scritto da soli. Con questo indigeribile spot.
Helga Marsala

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