sabato 28 febbraio 2015

il retro pensiero di Salvini

Il va Salvini-pensiero: bufale e spamming

by maomao comune
La via ita­liana al lepe­ni­smo impone lo sfon­da­mento a destra e cam­pa­gne di annes­sione. Ecco allora l’alleanza orga­nica coi sedi­centi «fasci­sti del Terzo Mil­len­nio» di Casa­Pound, le cui mili­zie ven­gono impie­gate come truppe di avan­guar­dia nelle peri­fe­rie metropolitane. Il capo della Lega 2.0, onnipresente in tv e in rete, un leader che incen­dia di ran­core le pra­te­rie della società rin­sec­chite dalla crisi e ina­ri­dite dalle poli­ti­che di auste­rity. Pastura noti­zie false, cata­lizza il discorso, vei­cola pre­giu­dizi, esat­ta­mente come accade quando una leg­genda metro­po­li­tana si dif­fonde, illu­dendo di par­te­ci­pare alla sua costru­zione e al tempo stesso impos­ses­san­dosi della capa­cità del pros­simo di imma­gi­nare il possibile. Salvini opera un gioco di sponda tra Rete e Tv, met­tendo a valore la lezione messa in pra­tica da Beppe Grillo nel corso della trion­fale cam­pa­gna elet­to­rale delle ele­zioni poli­ti­che del 2013. In que­sto caso, al posto di Casa­leg­gio c’è il qua­ran­tu­nenne Morisi
o-CLASH-570di Giuliano Santoro 
«La per­for­mance stel­lare di Sal­vini sta spo­stando interi punti per­cen­tuali di con­senso, fida­tevi»: que­sto tweet si rife­ri­sce alla pun­tata di Bal­larò dello scorso 24 feb­braio. Chi esulta per la «per­for­mance stel­lare» del lea­der della Lega si chiama Luca Morisi. È docente a con­tratto di «Filo­so­fia infor­ma­tica» all’università di Verona.
Dun­que, l’Italia appare ipno­tiz­zata per l’ennesima volta da un serial lea­der che sal­tella — pro­prio come il pro­ta­go­ni­sta del film plu­ri­pre­miato agli Oscar, Bird­man — tra spet­ta­colo e vita. Il capo della Lega 2.0, onni­pre­sente in tele­vi­sione, incen­dia di ran­core le pra­te­rie della società rin­sec­chite dalla crisi e ina­ri­dite dalle poli­ti­che di auste­rity. Opera un gioco di sponda tra Rete e Tv, met­tendo a valore la lezione messa in pra­tica da Beppe Grillo nel corso della trion­fale cam­pa­gna elet­to­rale delle ele­zioni poli­ti­che del 2013. In que­sto caso, al posto di Casa­leg­gio c’è il qua­ran­tu­nenne Morisi. Gra­zie al quale i «mi piace» su Face­book sareb­bero cre­sciuti di quasi il 900 per cento in un anno.
Nel novem­bre scorso, il lea­der leghi­sta aveva rac­colto 3,7 milioni tra com­menti e con­di­vi­sioni (tri­pli­cando quelli rastrel­lati da Grillo e mol­ti­pli­cando i feed­back rice­vuti da Renzi di ben 130 volte) e 309 milioni di visua­liz­za­zioni. «L’85% degli utenti che acce­dono a Face­book ha visto nell’ultimo mese un post di Sal­vini», ha detto Morisi al Cor­riere del Veneto. Ma atten­zione: l’esperto e il suo team, com­po­sto da una decina di per­sone sparse sul ter­ri­to­rio, si avval­gono del con­tri­buto di app che spam­mano il Salvini-pensiero, mol­ti­pli­can­done  la con­di­vi­sione auto­ma­ti­ca­mente. Più di un inter­nauta ha chie­sto conto di que­sti “truc­chetti”, sot­to­li­neando come la policy uffi­ciale di Twit­ter li con­si­deri uso impro­prio. Morisi replica defi­nendo gli inter­lo­cu­tori «rosi­coni». «L’invidia del con­senso in Rete è una brutta bestia», ha detto, sfrut­tando un frame (quello che vuole l’esercizio cri­tico come pura espres­sione di gelo­sia per­so­nale) già impie­gato da Ber­lu­sconi, Renzi e da molti grillini.
A ben guar­dare, la capa­cità leghi­sta di usare i media è antica. Una let­tura super­fi­ciale con­si­dera il par­tito di Sal­vini espres­sione, magari un po’ inge­nua, di spon­ta­nei­smo ter­ri­to­riale. Le cami­cie verdi e gli slo­gan xeno­fobi ven­gono asso­ciati alle feste pede­mon­tane a base di sala­melle e insof­fe­renza fiscale: una forma magari cri­ti­ca­bile ma in fondo genuina di mal­con­tento ter­ri­to­riale. Il lamento del Nord, greve ma almeno spon­ta­neo. Al con­tra­rio, Umberto Bossi ha rac­con­tato a più riprese che gli insulti ai meri­dio­nali che carat­te­riz­za­rono il leghi­smo degli esordi erano det­tati pro­prio da esi­genze media­ti­che: «Capimmo che par­lare male del Sud faceva scal­pore e ci faceva finire in tele­vi­sione». Del resto, l’operazione che ha pla­smato la comu­nità imma­gi­nata padana, nazione di pla­stica infar­cita di tra­di­zioni inven­tate, come sarebbe avve­nuta senza l’accondiscendenza (a volte inge­nua e pigra, a volte inte­res­sata) delle tv dell’era berlusconiana?
I dia­manti in Tan­za­nia e la crisi del ber­lu­sco­ni­smo hanno impo­sto un cam­bio di passo. Per forza d’inerzia, spi­rito di con­ser­va­zione ed emer­genza dispe­rata, il gruppo diri­gente ha man­dato avanti Sal­vini, che si è fatto le ossa e la par­lan­tina ai micro­foni di Radio Pada­nia ma che prima era cre­sciuto con il mito della tele­vi­sione, già con­cor­rente di quiz come Dop­pio Sla­lom e Il Pranzo è Ser­vito. Sal­vini pare afflitto, come molti suoi coe­ta­nei dall’ossessione com­pul­siva per like su Face­book e ret­weet. Da mesi è onni­pre­sente sul pic­colo schermo, sal­tella senza solu­zione di con­ti­nuità tra l’intervista serale e il post del pome­rig­gio. Agita il fan­ta­sma dell’«invasione migrante», fat­ti­spe­cie vir­tuale smen­tita dai numeri che diventa allarme per­ce­pito dagli ita­liani impo­ve­riti. Giorno dopo giorno, l’ineffabile S. si è costruito un reper­to­rio fatto di tor­men­toni tele­vi­sivi e cam­pa­gne cospi­ra­zio­ni­ste, ingre­dienti tipici del livel­la­mento verso il basso dei con­te­nuti che ha carat­te­riz­zato l’incontro tra masse e nuovi media di cui il gril­li­smo è stato solo il primo segnale. L’altro Mat­teo, col quale Sal­vini ha con­di­viso aspi­ra­zioni da cam­pione di quiz show e che recita con altret­tanta verve spet­ta­co­lare il ruolo di pre­si­dente del con­si­glio, non pare curar­sene: la Lega 2.0 è l’avversario ideale, estremo quanto basta a lasciare spazi che con­sen­tono a Renzi di colo­niz­zare il campo cen­tri­sta garan­tendo al suo Pd il mono­po­lio del voto cosid­detto «moderato».
La Rete che ogni giorno si tra­scina il lea­der leghi­sta, usando come esche mes­saggi imba­raz­zanti e bufale con­cla­mate (il New York Times lo ha messo al secondo posto, subito dopo il gril­lino Di Bat­ti­sta, tra gli spac­cia­tori di noti­zie fake) è tutt’altro che oriz­zon­tale e par­te­ci­pa­tiva. Il Capo del branco digi­tale, al netto delle fur­bi­zie tele­ma­ti­che, ha suc­cesso.Pastura noti­zie false, cata­lizza il discorso, vei­cola pre­giu­dizi, esat­ta­mente come accade quando una leg­genda metro­po­li­tana si dif­fonde, illu­dendo di par­te­ci­pare alla sua costru­zione e al tempo stesso impos­ses­san­dosi della capa­cità del pros­simo di imma­gi­nare il possibile.
Renzi forse non si è accorto che Sal­vini con­duce una guerra di movi­mento, non un con­flitto di trin­cea. La via ita­liana al lepe­ni­smo impone lo sfon­da­mento a destra e cam­pa­gne di annes­sione. Ecco allora l’alleanza orga­nica coi sedi­centi «fasci­sti del Terzo Mil­len­nio» di Casa­Pound, le cui mili­zie ven­gono impie­gate come truppe di avan­guar­dia nelle peri­fe­rie metropolitane.
Sal­vini denun­cia, è suc­cesso solo pochi giorni fa, una cospi­ra­zione mon­diale volta a rim­piaz­zare la popo­la­zione euro­pea (ariana?) con orde di migranti in cerca di spa­zio vitale. Il solo fatto che i talk show, presso i quali è richie­stis­simo, si tro­vino costretti a pren­dere in con­si­de­ra­zione tali argo­menti costi­tui­sce una vit­to­ria, lo met­tono su un pie­di­stallo, nella posi­zione pri­vi­le­giata di det­tare l’ordine del discorso. Ecco per­ché Sal­vini da extrema ratio è dive­nuto asso nella manica.
Fonte: il manifesto

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