venerdì 27 febbraio 2015

verso un futuro di decrescita sostenibile

Due gradi per il futuro, cambio rotta verso la sostenibilità

due gradi silvestrini
«Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e per le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia, come il giorno nasce dalle notte oscura. È nella crisi che sorgono l’inventiva, le scoperte, le grandi strategie». Gianni Silvestrini ha scelto di cominciare da questa citazione di Albert Einstein del 1930 (non a caso l’anno successivo all’esplosione della grande crisi) per sviluppare il suo ragionamento, pieno di fatti, numeri, proposte nel suo ultimo libro “2 °C (Due Gradi) – Innovazioni radicali per vincere la sfida del clima e trasformare l’economia” (che arriva in questi giorni in libreria per Edizioni Ambiente).
Il pensiero di Silvestrini è da sempre segnato dall’ottimismo. E non potrebbe essere altrimenti per chi, mentre continua a essere impegnato nella ricerca e nell’insegnamento, trova il tempo di fare il Direttore scientifico del Kyoto Club, il Presidente del Coordinamento Free (Fonti rinnovabili ed efficienza energetica), il Presidente del Green Buliding Council Italia e nei ritagli di tempo fa persino l’imprenditore in prima persona in quei settori. Non può che essere una fede incrollabile nel futuro – un futuro sostenibile e low carbon – ad animare queste straordinarie capacità.
Ma l’ottimismo di Gianni è fondato su solide basi e la lettura di queste pagine ne è una limpida conferma. Pur non nascondendo nessuna delle difficoltà tremende di questi tempi, prima tra tutte la crisi del lavoro e il dramma della disoccupazione, né tralasciando di far emergere la forza dei poteri “fossili” che si oppongono al cambiamento, in “Due gradi” Silvestrini passa in rassegna tutte le potenti innovazioni tecnologiche – alcune già disponibili, altre pronte nel futuro prossimo – che possono farci guardare con fiducia agli anni che verranno. Un potente antidoto al vero veleno dei nostri tempi, che è la rassegnazione.
Certo il focus – come evidente sin dal titolo –  è come evitare che la temperatura del pianeta alla fine del secolo non superi di 2 °C i livelli esistenti prima della Rivoluzione industriale, visto che quella sarebbe la soglia, secondo la comunità scientifica, per evitare conseguenze irreversibili e potenzialmente catastrofiche. Ma io credo che ciò che emerge con forza ancora maggiore alla fine della lettura del libro è la descrizione che Silvestrini fa della possibilità di costruire un mondo migliore.
Attraverso le rinnovabili e l’efficienza energetica, la rivoluzione digitale e i nuovi materiali, la mobilità sostenibile e la chimica verde, il mondo dell’illuminazione che si reinventa e le  smart cities. Tutte le chance offerte dell’innovazione tecnologica. Ma Silvestrini legge con altrettanta lucidità le difficoltà della politica a cogliere quelle opportunità, e sa bene che senza affrontare questo nodo rischiamo di vedere quel treno passare sotto il nostro sguardo impotente e magari osservare altri, più pronti e svegli, salire a bordo al posto nostro.
Di qui l’attenzione e la speranza che si fonda sulla crescente sensibilità ambientale, le esperienze concrete di progetti e di conflitti a livello locale, senza le quali sarà impossibile cambiare la politica e far finalmente aprire gli occhi ai decisori e alle istituzioni. Resta da capire quali leve utilizzare nella complessità per favorire i cambiamenti e disincentivare le parti che obsolete e inquinanti e la risposta di Silvestrini, che condivido pienamente, è incentrata sullo strumento fiscale. Una leva che usata intelligentemente e con radicalità può innescare il cambiamento che il libro descrive, e che sinceramente è quello più auspicabile per il futuro del Pianeta, di noi che lo abitiamo e di chi verrà dopo.
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