martedì 31 marzo 2015

pene e giustizia

a giustizia e le pene

paolo bonetti
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ercole incalza
Se ci sono comportamenti che offendono in modo particolare il senso di giustizia dei cittadini, questi sono proprio i reati contro la pubblica amministrazione compiuti da persone che della correttezza amministrativa dovrebbero essere i naturali custodi. E’ quindi del tutto comprensibile che contro i funzionari disonesti e i politici scorretti si invochino leggi rigorose e pene severe. Il problema però, a questo punto, è individuare bene quali possono essere le pene capaci, con la loro minaccia, di prevenire comportamenti delinquenziali. E anche quello di fare leggi che non siano farraginose e confuse e non aiutino, paradossalmente, i colpevoli a farla franca per gli appigli che offrono ad avvocati particolarmente abili nel rivoltare la frittata. E’ ben noto che, nel sistema giuridico italiano tanto civilistico quanto penalistico, l’importante, per cavarsela, è avere i soldi per potersi pagare un ottimo difensore dei propri interessi. La giustizia è uguale per tutti, così si legge nei nostri tribunali, ma quella che si presenta in migliore compagnia è ancora più uguale.
Adesso contro la corruzione che sembra un cancro inestirpabile, si prospettano altri interventi chirurgici per incidere in profondità i sempre nuovi bubboni del nostro sistema politico-amministrativo. Si raddoppiano gli anni di carcere e si allungano i tempi della prescrizione per particolari reati ed è quello che chiede un’opinione pubblica al tempo stesso disincantata e inferocita. Bisognerebbe, però, chiedersi se è la minaccia del carcere lo strumento più efficace per impedire che certi episodi si ripetano con una continuità sconcertante. Sarebbe utile, piuttosto, sapere  se molti dei coinvolti nelle tangentopoli del passato, che hanno fatto magari anche qualche mese o anno di carcere, hanno poi restituito il maltolto o se, invece, se lo stanno ancora godendo in barba a tutte le leggi anticorruzione. Parigi valeva una messa per Enrico IV di Francia, un bel patrimonio accumulato con la corruzione può tranquillamente valere un soggiorno (che si trova poi sempre il modo di abbreviare) a San Vittore o a Regina Coeli.
Dice Machiavelli che gli uomini dimenticano più facilmente la morte del padre che la perdita del patrimonio. Sarà anche cinica, ma questa affermazione ha un fondo indubitabile di verità. E allora bisogna puntare alla scoperta del patrimonio dei corrotti, bisogna colpirli nel possesso della “roba”, per impedire che tornino a delinquere e che diano agli altri il cattivo esempio del delitto che paga, magari dopo un periodo più o meno lungo di vita carceraria. La mia convinzione è che il disonore del carcere faccia paura soprattutto agli onesti, a coloro che tengono alla stima degli amici e dei concittadini. Ma per coloro che sono avidi di denaro e di altri beni materiali e più ne hanno più ne vogliono, bisogna congegnare leggi che tolgano loro ogni speranza di poter conservare, passata la bufera, quello che hanno disonestamente accumulato.

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