martedì 24 marzo 2015

profughi:che facciamo?Bruciamo il mare?

Brucia il mare

by Citta invisibile
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di Flore Murard-Yovanovitch
Brucia il mare.
Il terreno è già scivolato sotto i piedi, hanno già sganciato bombe sui nostri vicini, auspicano di aprire mega centri di “raccolta” di profughi in Nord Africa, cooperano con le dittature per le detenzioni e le deportazioni, hanno già riarmato il mondo, reso un inferno il Medio-Oriente, e ora trasformono il ponte Mediterraneo un fronte. Costruiscono (solo) abissi.
Si ripopola la fosse comune del Mediterraneo. Ricordiamo che 470 migranti sono “annegati” in 72 giorni, dal 1 gennaio 2015 (fonte Unhcr), mentre erano stati 15 nel 2014 per lo stesso periodo.
Dal 2 marzo nelle acque internazionali davanti alla Libia sono in corso manovre navali da parte della Marina Militare Italiana, e l’operazione armata “Mare sicuro” ha preso, in un interessante slittamento semantico caratteristico della più spudorata propaganda, il posto di “Mare Nostrum”. In realtà è da mesi, che un operazione quasi segreta di cui i cittadini italiani sanno pressoché nulla, denominata “Mare Aperto 2015” è in corso di fronte alle coste libiche. Non si sa se le operazioni siano di mero pattugliamento o più probabilmente di respingimento collettivo (come caldeggiato da Alfano nel suo “non paper” presentato il 12 marzo al Commissario europeo all’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos e i ministri omologhi di Spagna, Francia e Germania). Quello che è sicuro che il «potenziamento del dispositivo aeronavale dispiegato nel Mediterraneo centrale» annunciato l’altro in Parlamento dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, dopo l’attentato in Tunisia, non fa che palesare una presenza italiana aeronavale antecedente, nelle acque libiche.
È guerra.
Come spiegare allora questa regressione armata e violentissima nel cuore dell’Europa all’inizio di un secolo pieno di idee, di speranza e consapevolezza, che nutriva la certezza collettiva che il sistema capitalista andava superato, mentre una rivolta degli affetti e degli scambi ha già visto la luce, seminato nuovi semi , capaci di sradicare l’utilitaristico Mors tua vita mea della vita capitalista, e creare nuovi territori della psiche?
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Mentre prosegue la lenta rivoluzione delle alternative, perché non siamo ancora riusciti a depotenziare i violenti, a disarmare i potenti, a renderli vulnerabili, o a separarci da loro da dentro? Non siamo riusciti ancora ma verrà alla luce, un rifiuto globale, universale, della violenza, della parti malate della mente, per ricreare ovunque la fantasia data nascita uguale per tutti, e tralasciare i vecchi sentieri mortali.
La questione rimane drammaticamente aperta, forse mai così urgente alla vigilia di una crisi globale imminente, e richiede una presa di coscienza e un salto collettivo.
Il Rapporto globale 2014-15 sui diritti umani di Amnesty, che pochi hanno saputo leggere e cogliere in profondità il suo senso latente, sferrava un’inusuale denuncia dell’incapacità colpevole dei leader mondiali a risolvere i conflitti e lanciava l’allarme sull’imminente scontro globale. Ricordava che il 2014 era stato l’anno più catastrofico per milioni di persone intrappolate nella violenza tra bande di gruppi armati e repressione degli Stati che ne è seguita.
La violenza, quindi tanto tabù quanto realtà attuale, era la questione centrale del Rapporto di Amnesty, il suo dileguarsi (tra gruppi paramilitari e parastatali, gruppi terroristi, persecuzioni), e il suo uso senza scrupoli da parte degli Stati: si profila il riemergere di un scontro globale. La riproposizione degli spettri.
“Le Nazione Unite furono istituite 70 anni fa per assicurare che gli orrori della Seconda guerra mondiale non si sarebbero mai più ripetuti. Adesso assistiamo a una violenza su scala massiccia che produce un’enorme crisi dei rifugiati. Siamo di fronte a un clamoroso fallimento nella ricerca di soluzioni efficaci per risolvere le necessità più pressanti dei nostri tempi” – aveva dichiarato Antonio Marchesi, Presidente di Amesty International Italia, il giorno del lancio del rapporto.
Per non menzionare la tragica cecità di fronte alla crisi globale dei rifugiati, la peggiore a cui il mondo abbia mai assistito, anch’essa realisticamente destinata, se non vengono azzerate le politiche di chiusura e di repressione, a peggiorare. E infine a causare ancora centinaia di morti nei prossimi mesi. Mentre i governi si dimostrano incapaci di pensare e attuare una protezione concreta immediata di migliaia di profughi (dalla Siria e dal Corno d’Africa).
Se non vista, accettata e agevolata, la rivoluzione migrante in corso, perché di rivoluzione si tratta (non di meri “sbarchi”) presa tra due fronti, rischia bene di precipitare e finire inuna fosse comune di dimensione storica.
La questione aperta, però, è come mai oggi, cittadini, istituzioni, governi, lei io e gli altri, lasciano attuare politiche che riflettono questo pensiero latente: che è preferibile lasciare fuori le persone, donne e bambini dai confini, piuttosto che tenerli in vita.

* Scrittrice e blogger nata in Francia, giornalista freelance, si occupa in particolare di migrazioni. Ha collaborato con l’Unità e ha curato il blog “Diversa Mente”, dopo aver lavorato dieci anni per l’Onu e per diverse ong nei Paesi del Sud del mondo. È autrice di “Derive. Piccolo mosaico del disumano” (Stampa Alternativa).

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