domenica 29 marzo 2015

Tunisia:tutte e tutti in piazza contro il terrorismo

Tunisia, una piazza giovane e bella dice no al terrorismo e intona "Bella ciao". Renzi: "Non gliela diamo vinta" (VIDEO)

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TUNISIA
Una Piazza gremita. Una bella Piazza. Popolata di giovani, di donne, senza vessilli di partito ma con tante bandiere nazionali. Per dire che di fronte all’attacco terroristico il ragazzo in jeans e la ragazza con il capo velato si tengono per mano e lanciano la loro comune sfida di libertà e pluralismo ai fautori della dittatura della sharia. Un’unità di popolo, prim’ancora che di classe dirigente. Una unità dal basso, per questo più importante. È la Tunisia che oggi è scesa in piazza per dire “no” al terrorismo e rendere omaggio alle vittime della strage al Museo del Bardo.
Al centro della scena mediatica ci saranno senz’altro i leader del mondo convenuti a Tunisi: Hollande, Renzi, Abu Mazen. Per la Tunisia c’è il presidente Beji Caid Essebsi e il premier Habib Essid; tra i capi di governo sono presenti l’algerino Abdelmalek Sellal, il belga Charles Michel, il libico Abdullah al Thani (espressione della Camera dei rappresentanti di Tobruk) e il vicepresidente del Consiglio del Bahrein, Khalid bin Abdullah al Khalifa.
Ma quello che conta di più è la Piazza. I suoi volti, i suoi slogan. La sua volontà di rafforzare la transizione democratica e difendere quei principi di libertà, giustizia, indipendenza, che sono stati alla base della “rivoluzione dei gelsomini”. La “nuova Tunisia” esiste. E resiste. Ed ha un valore straordinario, dal punta di vista simbolico oltre che politico, che tra i canti intonati, assieme all’inno nazionale tunisino, vi fosse anche la nostra “Bella ciao”. Perché quei ragazzi che sfilano tra un imponente dispositivo di sicurezza, sono i “nuovi partigiani” di una lotta di resistenza contro i nazijihadisti di Abu Bakr al-Baghdadi e di al-Qaeda 3.0.
La manifestazione era stata annunciata domenica scorsa dal presidente tunisino Essebsi nel corso dell’intervista rilasciata all’interno del Bardo. Essebsi l’aveva presentata come una marcia del popolo tunisino e poco dopo, intervistata dall’agenzia TAP, la ministra del Turismo Salma Loumi aveva fatto sapere che erano stati invitati i principali leader mondiali. Insomma un evento per dire no al terrorismo sullo stile della marcia internazionale che si tenne a Parigi l’11 gennaio dopo gli attacchi cominciati con l’assalto a Charlie Hebdo. La polizia tunisina parla di 70 mila persone. Tante. Ma la “Piazza” si misura non solo in quantità ma in qualità. E quella di Tunisi è una qualità straordinaria.
“Siamo qui per dire che noi non la diamo vinta ai terroristi. Nella battaglia difficile per la democrazia non lasceremo il futuro in mano agli estremisti. I Paesi europei e stranieri vogliono vincere la sfida contro il terrorismo e continueremo a combattere per gli ideali di pace, libertà e fraternità ovunque”, afferma il premier italiano, dopo aver deposto una corona di fiori sotto la stele che ricorda le 22 vittime (4 erano nostri connazionali) dell’attacco al Bardo. “Ciò che è accaduto è una ferita terribile e drammatica che squarcia anche la storia di alcune famiglie italiane- sottolinea Renzi - Quando ho accolto le salme delle vittime ho visto nei loro cari un dolore inesprimibile”.
"La marcia di oggi testimonia la volontà ferrea di andare avanti verso una democratizzazione che non verrà minacciata dal terrorismo", rimarca la presidente della Camera, Laura Boldrini.
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Immediata la risposta del leader della Lega Matteo Salvini che su Facebook ha scritto: "Renzi e la Boldrini sono in Tunisia contro il terrorismo. Speriamo che rimangano là, visto che con il loro buonismo stanno riempiendo tutta Italia di invasori, delinquenti e potenziali terroristi".
Ma l’eco di queste polemiche interne non raggiunge, per fortuna, i giovani tunisini. Dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, intervistato dal Gr1, un impegno ad aiutare la Tunisia che - ha detto - "ha un numero di foreign fighters, cioè potenziali terroristi che tornano da altri Paesi, abbastanza elevato, più che in altri Paesi". "Noi dobbiamo fare la nostra parte per aiutare la Tunisia in cui il percorso costituzionale è stato democratico, anche oggi lo si vedrà".
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