domenica 29 marzo 2015

una pedagogia della decrescita

Produrre senso nella vita: un atto pedagogico

by Citta invisibile
Foto tratta da gettyimages.in

di Alain Goussot*
Una delle cose che emerge poco nella scuola attuale, ma direi nella società di oggi in generale, è il senso esistenziale delle cose. Sembra che, tranne l'utilitarismo pragmatico dell'economia dominante e l'empirismo più immediato, il senso riflessivo, umano, esistenziale dell'agire sia scomparso. Il mondo nel quale viviamo è quello dei mezzi, delle tecniche (leggi anche Il tempo della tecnica) e, quindi, delle performance; le finalità, il perché delle cose, il senso umano e storico sembrano non appartenere alla cosiddetta "postmodernità" nella quale stiamo annegando.
A scuola e in una classe succede la stessa cosa; qual è il senso delle cose che fanno gli insegnanti con i loro studenti. Attribuiscono un senso umano e esistenziale a quello che fanno? I loro studenti trovano un senso profondo nei loro vissuti in quello che fanno a scuola e in classe con gli insegnanti?
Lev Tolstoj parlava di "senso della vita" e considerava l'educazione come un processo di sviluppo della coscienza della persona umana; pensava che la lettura dei testi dei grandi pensatori come l'ascolto della saggezza del vecchio contadino fossero delle grandi lezioni di vita. Grandi pensatori e saggezza contadina pongono le domande essenziali di ogni esistenza umana.
Insomma dall'esperienza educativa e scolastica l'insegnante e l'alunno dovrebbero porsi queste domande:
"Che cose io sono?
E cos'è il genere umano?
Che cosa sto facendo?
Che cosa sta realizzando il genere umano?
Io voglio sapere che cose ho fatto di me stesso nella mia vita, a prescindere alla mia condizione: voglio sapere che cosa fa l'umanità della propria esistenza?".
Sono le domande che secondo Heinrich Pestalozzi ogni insegnante ed alunni dovrebbero porsi in seguito ad una esperienza educativa autentica. Nelle nostre scuole succede questo?
Citta invisibile | marzo 2

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