mercoledì 29 aprile 2015

1961 moriva il segretario generale dell'ONU

Dag Hammarskjoeld (1905-1961), un cercatore di Dio all’Onu

(Paolo Tognina) A lungo si è discusso sulle possibili cause dell’incidente che costò la vita a Dag Hammarskjoeld, morto in un disastro aereo mentre stava cercando di porre fine alla guerra civile nel Congo. Alcuni anni fa sono emerse prove, raccolte dall’arcivescovo anglicano Desmond Tutu, che rafforzano i sospetti di un attentato organizzato dai servizi segreti sudafricani, britannici e americani.
Da segretario generale dell’Onu, Hammarskjoeld si occupò delle crisi più importanti del suo tempo: quella del Medio Oriente, quella ungherese, quella libanese e gli avvenimenti politici del Laos e del Congo. Fu per risolvere la crisi scoppiata in Congo in seguito alla secessione del Katanga, avvenuta sotto la spinta di interessi europei, che nel 1961 avviò un’intensa attività diplomatica in Africa.

Dag Hammarskjoeld era nato a Jönköping, in Svezia, nel luglio 1905, quartogenito di Hjalmar, ministro svedese durante la prima guerra mondiale. Dopo aver completato gli studi di economia e giurisprudenza ricoprì, ancora molto giovane, diversi incarichi di governo, tra i quali quello di ministro degli Esteri alla fine degli anni ‘40. E nel 1953 fu eletto segretario generale dell’Onu.
Le tappe della carriera di Hammarskjoeld delineano la biografia di un brillante statista, ma ciò che esse non rivelano è il fatto che furono vissute alla luce di una fede tanto profonda quanto riservata. Solo dopo la sua morte, infatti, venne ritrovato il suo diario (tradotto in Italia col titolo “Tracce di cammino”), considerato una delle opere spirituali più importanti del Novecento. Hammarskjoeld, descritto come un politico freddo, abile, abituato a lunghe ore di lavoro ininterrotto, appare, in quelle pagine, come un lettore appassionato dei grandi maestri della spiritualità antica e moderna, ai quali era stato introdotto dall’amico vescovo luterano Nathan Söderblom.
Eletto segretario generale delle Nazioni Unite nel marzo 1953, Hammarskjoeld era convinto che le Nazioni Unite avrebbero potuto diventare protagoniste, nel Terzo mondo, del processo di decolonizzazione e di transizione verso un’epoca di pace e distensione. Nel 1960 l’Assemblea generale dell’Onu votò a larga maggioranza una risoluzione che metteva fuori legge il colonialismo. Ma l’Occidente capì presto che nel movimento di liberazione erano in gioco interessi enormi: dalle ricchezze minerarie dell’Africa al controllo politico di alcuni stati.
Mentre Hammarskjoeld cercava con ogni mezzo di garantire il pacifico passaggio del Congo da colonia belga a nazione libera e di evitare la secessione del Katanga, le forze decise a non lasciare che il Congo si liberasse dall’influenza dell’Occidente passarono all’offensiva. Hammarskjoeld non fu in grado di prevenire la cattura e l’uccisione del presidente congolese Patrice Lumumba: fu una pagina nera della storia del colonialismo e dell’Occidente, ma anche dell’Onu.
Qualcuno ha detto che il segretario generale incominciò a morire quando Lumumba fu trucidato dai suoi nemici, con l’appoggio dei consiglieri belgi. Altri hanno scritto che la sua morte effettiva, pochi mesi dopo, in un incidente aereo fra il Katanga e l’allora Rhodesia del Nord, fu quasi cercata inseguendo un successo che lo riscattasse restituendo la pace al Congo. In ogni modo Hammarskjoeld aveva messo in conto la possibilità di morire per la causa della pace. Nel diario scrisse infatti: “Non cercare l’annientamento. Ti troverà da solo. Cerca la via che lo renda un compimento”.

Diario 1954

Tu che sei al di sopra di noi,
Tu che sei uno di noi,
Tu che sei
anche in noi,
che tutti ti vedano, anche in me,
che io ti prepari la strada,
che io possa render grazie per tutto ciò che mi accadrà.
Che io non dimentichi i bisogni degli altri.
Conservami nel tuo amore
così come tu vuoi che tutti dimorino nel mio.

Possa tutto il mio essere volgersi a tua gloria,
e possa io non disperare mai.
Poiché io sono sotto la tua mano
e in te è ogni forza e bontà.

Donami un cuore puro – che io possa vederti,
e un cuore umile – che io possa sentirti,
e un cuore amante – che io possa servirti,
e un cuore di fede – che io posa dimorare in te.

(da: Dag Hammarskjoeld, Tracce di cammino, Mondadori 1997)

Fede antica in un mondo nuovo

[…] Da generazioni di soldati e di uomini di governo della mia ascendenza paterna ho ereditato la persuasione che nessuna vita dava maggiore soddisfazione di una vita di servizio disinteressato al proprio paese e all’umanità. Questo servizio richiedeva il sacrificio di ogni interesse privato, ma nel contempo il coraggio di battersi fermamente per le proprie convinzioni.
Dagli studiosi e dai pastori luterani della mia ascendenza materna ho ereditato la convinzione che, nel vero senso dell’evangelo, tutti gli uomini sono uguali in quanto figli di Dio e devono essere accostati e trattati da noi come i nostri signori in Dio […].

(da: Dag Hammarskjoeld, Tracce di cammino, Mondadori 1997)

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