Giacca chiara, camicia e capelli bianchi, cravatta nera, carnagione scura. È un fiume in piena Giorgio Comerio, l’ingegnere diBusto Arsizio direttore tecnico della Odmla società di cui era socio il barone svizzero Filippo Dollfus che negli anni ’90 proponeva lo smaltimento in mare dei rifiuti radioattivi, al centro delle principali inchieste sulle “navi a perdere” affondate nel Mediterraneo cariche – secondo gli investigatori – di rifiuti pericolosi e radioattivi. La commissione bicamerale d’inchiesta sui rifiuti presieduta dall’onorevole Alessandro Bratti l’ha rintracciato nella kasbah di Mazara del Vallo, dove si è trasferito dall’inizio del 2015 dopo 10 anni di latitanza in Tunisia, e ha voluto ascoltare l’uomo cercato per anni in grado di fornire la chiave di molti misteri irrisolti italiani. Dall’aula di palazzo San MacutoComerio attacca i magistrati, attacca i giornalisti de ilfattoquotidiano.it che sui suoi rapporti con i servizi segreti e sulla sua latitanza decennale in Tunisia avevano scritto in seguito alladesecretazione dei documenti riservati avviata lo scorso anno dalla presidente della Camera Laura Boldrini.
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L’Italia Comerio l’aveva lasciata nel luglio del 2002, pochi mesi prima della richiesta di esecuzione della pena delTribunale di Bolzanoper una condanna a 4 anni per tentata estorsione. Da allora per la giustizia italiana risultava “irreperibile” nel paese nordafricano, tanto che nel 2012 la pena – nel frattempo ridotta a un anno dall’indulto – è stata dichiarata estinta dai giudici di Bolzano. Comerio ha sostenuto nel corso dell’audizione che le autorità italiane non l’avrebbero mai cercato. Gli altri procedimenti penali relativi al presunto smaltimento illecito di rifiuti radioattivi erano stati a suo tempo archiviati.
Armi e servizi segreti
Il presidente della commissione Bratti l’ha incalzato sulla attività della sua Oceanic Disposal Management, società con sede nelle isole britanniche di Guernsey, con cui Comerio proponeva lo smaltimento dei rifiuti radioattivi e dell’amianto in mare tramite dei penetratori oceanici. “Su questa attività – attacca Comerio – sono state effettuate indagini dopo quattro anni di attente valutazioni non è stata mai trovata nessuna azione penalmente rilevante. Sono tutte illazioni che avete potuto leggere sulla stampa e sui libri e che non hanno avuto nessun esito”. L’ingegnere si vanta persino di avere avuto “un passato nei Verdi” e di essere iscritto aLegambiente. Circostanza smentita categoricamente a ilfattoquotidiano.it da Stefano Ciafani, vicepresidente nazionale di Legambiente: “È assolutamente falso. L’unica volta che Comerio ha incontrato Legambiente è stata nei dossier che abbiamo fatto sulla sua attività. Non so come gli sia venuto in mente”.
Comerio ha rilasciato precise dichiarazioni sugli investigatori che si sono occupati di lui, coordinati all’epoca dal colonnello del Corpo forestale dello Stato di BresciaRino Martini. Mentre non ha risposto alla domanda sui suoi rapporti con il secondo reparto dellaGuardia di finanza avvenuti – secondo documenti acquisiti dalla commissione della precedente legislatura – nel luglio 2001, ha rilasciato dichiarazioni spontanee sulla polizia giudiziaria che l’ha indagato nel ’95: “Ho avuto dei rapporti molto soft con i servizi – spiega Comerio di fronte ai commissari parlamentari – quando il colonnello Martini di Brescia mi chiamò perché voleva sapere se era possibile localizzare l’elicottero della Guardia di finanza caduto nelle acque della Sardegna con a bordo suo figlio”. Un’altra circostanza immediatamente smentita dall’ex ufficiale, contattato da ilfattoquotidiano.it: “Non sapevo di aver avuto un figlio nella Guardia di finanza morto in un incidente aereo… Ironie a parte, io non ho mai incontrato l’indagato Comerio in nessun frangente, tantomeno gli ho presentato appartenenti ai servizi, mi sono occupato di lui solo in relazione all’attività investigativa. Posso dire che c’erano numerose prove e documenti delle attività che Comerio aveva intenzione di svolgere e aveva già svolto, video e prove di inabissamento dei penetratori, documenti che riguardavano i paesi della sponda oceanica del Nordafrica e prove del suo coinvolgimento rispetto ai sistemi missilistici che cercava di vendere all’Argentina dopo la guerra delle Falkland. Insomma, il profilo di una persona che meritava sicuramente di essere indagata”.
Il certificato scomparso di Ilaria Alpi
Non è l’unica novità emersa dall’audizione dell’ingegnere di Busto Arsizio, che nella sua deposizione a tutto campo chiama in causa anche l’ex pm di Milano Antonio Di Pietro: “Ho partecipato come consulente tecnico per la localizzazione dei rifiuti per Di Pietro, quando era sostituto procuratore a Milano”. Mentre sul magistrato di Reggio Calabria, il pm Francesco Neri che l’ha indagato a partire dal ’94 per un presunto traffico illecito di rifiuti radioattivi (inchiesta archiviata nel 2000), ha voluto ricordare la vicenda del certificato di morte della giornalista del Tg3 Ilaria Alpi, assassinata a Mogadiscio il 20 marzo ’94, che sarebbe stato rinvenuto nella sua abitazione nel corso di una perquisizione nel ’95. Per questa vicenda, ha sostenuto Comerio, “il dottor Neri non è stato condannato perché è un giudice, ma ha dichiarato il falso” (il certificato non venne mai trovato). La replica del pm, raggiunto da ilfattoquotidiano.it, è sferzante: “La mia posizione fu archiviata perché qualcuno ha sottratto quel documento. Ho il verbale di apertura dei sigilli del plico di Natale De Grazia (il capitano di corvetta di Reggio Calabria morto nel corso delle indagini nel ’95, ndr), che è stato forzato ed era aperto da un lato. Dei fax di Ali Mahdi (il signore della guerra somalo, ndr) ha mai parlato? Lo autorizzava a smaltire in mare i rifiuti. È solo una diffamazione di un ex indagato che parla contro il pm”.
L’attacco al Fatto
“Mi fa piacere che lei citi Il Fatto… – ha risposto Comerio a una domanda del deputato del M5S Stefano Vignaroli – io ho chiamato il direttore (dopo la pubblicazione degli articoli, ndr),Gomez o Gonzales, e gli ho detto: ‘Guarda caro direttore che qui ti becchi una bella denuncia’”. E sul merito delle notizie che ilfattoquotidiano.it ha pubblicato citando i documenti declassificati della Camera dei deputati, ha aggiunto: “La macchina del fango funziona in questo modo: io dico che l’intelligence dice qualcosa su qualcheduno…ma quale intelligence? Ma quale? Ma dove? E questa intelligence non avvisa l’ambasciata, dove abbiamo i carabinieri, i servizi, e io sono in contatto normalmente come giornalista con l’addetto dell’ambasciatore che si occupa della parte politica…perché è arrivato giù Renzi, ed eravamo lì, è arrivato il ministro, ed eravamo lì, e tutte le volte le volte che arriva giù qualcuno in Tunisia, eravamo lì, a vederli e intervistarli…trafficante di droga?! E l’intelligence che non dice niente…”.
Il documento declassificato dal presidente del Consiglio dei ministri il 5 maggio 2014, liberamente distribuito dalla Camera dei deputati, è il numero 488_004 prodotto dall’Aisi nel 2010, che ilfattoquotidiano.it è in grado di pubblicare integralmente.