mercoledì 27 maggio 2015

la generazione Fame zero

La sfida della generazione "Fame Zero"

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UNICEF
Erano 805 milioni nell'ultimo rapporto sullo Stato dell'insicurezza alimentare nel mondo (Sofi), oggi sono 795 milioni. Sono gli affamati del pianeta, i poveri dei poveri. Ancora scandalosamente troppi, anche se sono calati di 216 milioni rispetto al 1990-92. Il rapporto Sofi, curato dalle tre agenzie del polo agro-alimentare delle Nazioni Unite FAO, IFAD e WFP, enumera i successi e gli insuccessi sul fronte della lotta alla fame nell'anno in cui giungono a verifica gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
Il primo degli obiettivi - per la parte che riguarda la riduzione a metà della proporzione nel numero degli affamati - non sarà raggiunto per uno 0,8 per cento. 72 paesi tra 129 monitorati ce l'hanno fatta, gli altri arrancano, soprattutto nell'Africa Sub-Sahariana, che si conferma la regione dove più lenti sono i progressi, quando non si verificano vere e proprie battute d'arresto o arretramenti. Mentre la più "virtuosa" delle macro-aree si conferma essere l'America Latina e i Caraibi. Ma anche le regioni dell'Asia dell'Est e del Sud-est, il Caucaso, o le regioni occidentali dell'Africa possono enumerare alcuni significati successi sul fronte della guerra alla fame e alla malnutrizione che è quasi per intero combattuta nei paesi in via di sviluppo. Dei 795 milioni di affamati, infatti, 780 milioni vivono nel "Sud del mondo".
Oggi più di un tempo il "pianeta fame" viene alimentato da crisi lunghe e conflitti endemici. Non sono più le fiammate estreme, acutissime ma limitate temporalmente e visibili sui media di due o tre decenni fa. Oggi la fame s'annida nelle guerre dimenticate. Dal Sud Sudan alla Repubblica Centrafricana, il tasso del numero degli affamati in aree di crisi prolungate è tre volte più alto che altrove. In Siria la stagione del raccolto si preannuncia buona, ma chi potrà godere di questi frutti se la guerra blocca i movimenti delle persone e svuota i mercati? Anche il clima e i disastri naturali sono diventati moltiplicatori imponenti della fame.
Ricette pronte per un "mondo a fame zero" non ce ne sono. Ci sono, però, alcune certezze, in positivo o in negativo, che il rapporto Sofi rileva. Lo sviluppo economico, ad esempio, è essenziale per debellare la fame a condizione che sia inclusivo e redistributivo. Altrimenti solo chi ha già qualcosa, magari anche solo un po' di istruzione, se ne avvantaggia. Non chi è ai margini. Il 78 per cento dei poveri e affamati vive nelle zone rurali. Sono famiglie contadine, spesso isolate, anche se producono gran parte di ciò che si mangia. Investire su di loro è essenziale come é essenziale creare una robusta rete di protezione sociale. Servono trasferimenti in denaro, cibo a scuola e investimenti nella sanità. Ma oltre due terzi dei poveri nel mondo non hanno stabile accesso a una qualsiasi forma di "welfare". A essere chiamata in causa, ancora una volta, è la "buona politica", la volontà dei governi di mettere al centro della propria agenda politica l'obiettivo "Fame zero". Come ha fatto il Brasile e più recentemente il Ghana. Nell'anno di EXPO Milano 2015 è la sfida che il Ministro Martina propone alla "generazione Fame Zero".

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