mercoledì 29 luglio 2015

le mazzate di Marino

Non si cancella l’utopia

by Riccardo
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di Filippo Taglieri, Nicoletta Cartocci, e Martina Salucci*
L’estate romana non è calda solo per le alte temperature. Il clima che si respira in città è un mix di instabilità politica e continue sorprese, soprattutto nella gestione del patrimonio di Roma Capitale. L’arrivo della Delibera della Giunta Capitolina n. 140 del 30 aprile impone la messa a bando di circa 860 immobili di proprietà comunale, comportandone lo sgombero e cancellando le esperienze che animano questi spazi ed i quartieri nei quali operano.
Sono piccole attività commerciali di quartiere, associazioni, cooperative, teatri, centri sociali, occupazioni abitative. Un primo step verso la riforma della gestione del Patrimonio di Roma Capitale, quindi delle linee di indirizzo al momento sprovviste di criteri e norme applicative.
La comparsa di questa delibera crea un nuovo scontro a Roma tra il potere politico e quello amministrativo; la politica non riesce a tutelare le progettualità sociali dinnanzi alle esigenze di bilancio che pesano sul lavoro quotidiano delle amministrazioni. Due paure a confronto e scontro: da una parte la paura degli organi politici di prendersi la responsabilità di difendere progetti sociali e dall'altra quella degli amministratori di essere puniti o “fatti fuori” da Corte dei Conti e Magistratura. Un clima di terrore negli uffici, un clima caldo anche nelle strade, tanti progetti sono a rischio.
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La delibera 140 è lo spartiacque verso un’altra città, una Roma non più mamma, ma albergatrice, il cui obiettivo è riprendere tutti gli spazi di proprietà del Comune e portare ad economicità il patrimonio, seguendo le sicurezze del Pil e ignorando la ricchezza che questi spazi producono da anni. Questa delibera è uno strumento parziale e incompleto che dovrebbe segnare delle linee di indirizzo per il riordino del patrimonio, queste caratteristiche hanno creato terrore nei vari direttori di municipi, che, nella difficoltà di interpretare questa norma stanno pensando di non dar peso alle progettualità ma solo di “restituire” gli stabili al Patrimonio centrale per liberarsi di problemi e pensieri, in questa estate calda.
Il Casale Garibaldi, sede del Progetto La Città dell’Utopia, rientra tra questi 860 immobili. Dal 2004 La Città dell’Utopia è un progetto del Servizio Civile Internazionale che crea opportunità di scambio e conoscenza, garantisce accesso diffuso alla cittadinanza italiana ed internazionale senza frontiere, senza distinzione di sesso, religione, età. Un percorso sociale di scambio, intercultura, stili di vita sostenibili e di lavoro sul territorio di San Paolo.
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Da questo momento più che difendere un patrimonio di esperienze gli attivisti della Città dell’Utopia si sono ritrovati a ricostruire la storia di questa delibera e capire chi può gestire questo ed altri casi, ex-attivisti ormai novelli giuristi, imparano le delibere ed imparano ad interpretare per capire come sopravvivere a questo flusso cieco di interessi economici. La Città dell’Utopia e come lei altri progetti ricevono nel mese di luglio sfratti o ordini di sgombero e tutto ciò senza la possibilità di dialogo con gli organi amministrativi che lanciano queste iniziative avulse dai tavoli “politici” portati avanti fin lì.
Così pochi giorni fa è stato comunicato che sopra il Casale Garibaldi sede del progetto La Città dell’Utopia pende un bando, e alla sua uscita, presumibilmente a settembre,l'immobile dovrà essere “liberato”. “Tuttavia, “liberato" non è un termine inaccettabile in questo contesto. Perché gli immobili vengono liberati quando sono vivi, quando sono attraversati da persone e attività sociali e culturali. I bandi non liberano, i bandi cancellano. Lo fanno con un colpo di spugna sulla storia passata dell'immobile, su quel capitale umano e sociale costruito nel tempo grazie agli sforzi volontari di tante e tanti.
Nessuno si è mai sentito custode di uno stabile, ma portatore di messaggi e pratiche che hanno reso in questi dodici anni l’utopia un traguardo raggiungibile” (tratto dalla lettera degli attivisti della Città dell’Utopia, associazioni e singoli che da anni portavo avanti questo percorso di Utopia).
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Nel caso del Casale Garibaldi ha trovato alcune soluzioni “aiutando”, grazie ad un adeguato supporto legale le istituzioni ad orientarsi in questa corsa al buio in norme tanto nuove quanto folli, per continuare le proprie attività provando strade alternative e previste dalla Delibera 140, ovvero la concessione diretta in quanto il Servizio Civile Internazionale (come detto, associazione che ha in assegnazione il Casale dal 2004) è membro consultivo dell'Unesco.
Se questa strada andrà a buon fine, una situazione particolare sarà risolta, ma questo non risolverà il problema di tutti gli altri spazi che già da qualche periodo stanno lavorando insieme per costruire un percorso di autotutela e rilancio delle progettualità sotto il nome di “Diritto alla Città”, La città dell’Utopia nonostante la specificità del suo caso, è resterà al fianco di questa rete di spazi sociali.
Anche qui la difficoltà nell’applicare regole (imposte dall’alto) è comunque costante, nessun politico, o amministratore in generale, trova il coraggio di prendersi delle responsabilità, coraggio che una volta era supportato dalla progettualità politica (la vision politica) ormai a tutto questo si succedono frasi come “ma chi ti firma un’assegnazione al tempo di mafia capitale?”, il problema invece dovrebbe essere che Roma sognano i romani? che città vorrebbero gestire i politici? che Roma ci concede la Corte dei Conti?
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Così finalmente capiremo se Roma è di chi la abita, è degli interessi che la dilaniano o dei controllori che la impoveriscono ciecamente. Intanto a San Paolo l’Utopia resiste e vuole continuare a farlo, mutando sempre i percorsi ma continuando a camminare le norme si modificano ma l’#UtopiaNonSiCancella.
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*La Città dell'Utopia

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