domenica 30 agosto 2015

tutela e valorizzazione

Ormai è "guerra" alle Soprintendenze e alla tutela

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Ormai è "guerra" alla tutela dei beni culturali e paesaggistici, ai controlli, ai pareri e alle prescrizioni tecnico-scientifiche liquidate come ostacoli burocratici allo sviluppo "moderno". Una "guerra" che Matteo Renzi conduce in prima persona da anni, da quando era sindaco di Firenze. Linea-guida fondamentale: "Sovrintendente è una delle parole più brutte di tutto il vocabolario della burocrazia. È una di quelle parole che suonano grige. Stritola entusiasmo e fantasia fin dalla terza sillaba. Sovrintendente de che?" A parte la folgorante battuta finale, Renzi commette un errore: non sa nemmeno che nei teatri lirici maggiori esiste il sovrintendente e nei beni culturali invece il soprintendente.
Siamo nel 2011, e il "vangelo secondo Matteo Renzi" si intitola "Stil novo" (ma de che?). Il sindaco di Firenze si è scontrato con la comunità scientifica internazionale e con le Soprintendenze fiorentine perché ha avuto alcuni accessi di "entusiasmo e fantasia", come affittare per tutta una sera alla Ferrari il Ponte Vecchio per cavarci soldi (pochi), come rifare la facciata di San Lorenzo, come togliere l'affresco del Vasari nel Salone dei Cinquecento per ritrovarvi sotto la "Battaglia di Anghiari" di Leonardo in realtà persa per sempre. "Non mi fermo", promise allora il sindaco volitivo, "riprenderemo anche quello". Si dovrà invece fermare e non lo perdonerà mai. Gli è venuto in soccorso il ministro autore dei tagli più feroci al MiBAC, Sandro Bondi, il quale accusa i soprintendenti di "imporre decisioni spesso frutto della propria sensibilità culturale o peggio politica". Eccoli marchiati.
Dalla direttrice della sezione moderna di Palazzo Pitti, Annamaria Giusti, il sindaco si prende l'etichetta di "allievo diligente del berlusconismo". Forse lo prende come un complimento. In questo periodo dichiara: "Gli Uffizi sono potenzialmente una gran macchina da soldi". Ignora che anche i più grandi Musei, come Louvre e Metropolitan, coprono sì e no con le entrate proprie il 50% dei costi, e che i grandi musei londinesi sono gratuiti. I soldi si fanno col turismo (se lo si sa organizzare), non coi musei. E il contesto? Roba da "professoroni". Come la cultura in sé e per sé.
Matteo Renzi mette a fuoco i suoi bersagli: le soprintendenze "sono un potere monocratico che non risponde a nessuno ma che passa sopra a chi è eletto". Lo ha già teorizzato per i magistrati Silvio Berlusconi. Chi è stato eletto non deve avere inciampi né controlli di sorta. "La cultura", chiarisce meglio Renzi, "non può reggersi su un sistema organizzativo dell'Ottocento e non possono essere le Soprintendenze al centro di tutto ciò". Gli verrà in soccorso un giornalista importante, Giovanni Valentini, il quale sulla "Repubblica" del 9 marzo 2014, scrive che, magari con le migliori intenzioni, "la burocrazia delle soprintendenze artistiche e archeologiche imbriglia il recupero e la valorizzazione del nostro patrimonio culturale, contribuendo a congelare la modernizzazione, a paralizzare l'assetto urbanistico delle città", ecc. Insomma a "incatenare" il Paese, come più sbrigativamente afferma Renzi. Poiché questa è la situazione, secondo Renzi/Valentini, "se è vero che con la cultura si mangia, allora bisogna far entrare i privati nel patrimonio culturale".
I privati, ecco un altro cardine del Renzi-pensiero: i Musei sono potenziali "macchine da soldi", bisogna puntare sulla "valorizzazione" del patrimonio e per fare questo ci vogliono meno tecnici nei Beni culturali, meno soprintendenti o direttori ministeriali e più manager, più "valorizzatori", dunque più privati. Il ministro Dario Franceschini non ha dubbi di sorta in materia. Parla solo di "valorizzazione". Un piano che combacia con quello di Confindustria che, per bocca della responsabile culturale, Maria Grazia Asproni, propone da tempo di passare "i beni culturali al Ministero dell'Economia". Tout court.
Andiamo avanti. "Mai più cantieri fermi per ritrovamenti archeologici. E' il colmo". Lo proclama Renzi il 14 agosto 2014. "Paradossale lo stop ai lavori, in tutto il mondo le risultanze degli scavi archeologici permettono ai passeggeri delle metropolitane di godere di cose che altrimenti non avrebbero mai potuto vedere". Francamente non si capisce né come né dove ciò sia accaduto o possa accadere. Si intuisce però che per Renzi l'archeologia deve essere comunque sottomessa alla politica dei trasporti. Intanto nella Regione a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia retta dalla fida Debora Serracchiani una intesa col Ministero franceschiniano abolisce i pareri vincolanti delle Soprintendenze su attività e strutture temporanee (tendoni, tende, padiglioni, dehors, ecc.) allestite in zone monumentali. Siamo nel giugno 2014.
E' solo un debutto. In novembre viene convertito in legge il decreto Sblocca Italia (quasi una fotocopia delle leggi Lunardi) col quale si introduce il silenzio/assenso per le pratiche edilizie e per i grandi lavori se entro 60 giorni le Soprintendenze ai Beni architettonici e paesaggistici non avranno espresso il loro parere. Poiché in tali organismi, allo stremo per mancanza di personale,ogni tecnico dovrebbe "lavorare" 4-5 pratiche al giorno, è chiaro che il silenzio è scontato e con esso l'assenso. Con somma gioia di lottizzatori, costruttori/immobiliaristi, speculatori. Poiché il silenzio/assenso è assicurato, tanto vale presentare i progetti più infami e professionalmente più scadenti.
Tanto per non sbagliare, il silenzio/assenso verrà ribadito nella cosiddetta "riforma" Madia della Pubblica Amministrazione. Nella quale però si introduce un altro siluro contro le odiate Soprintendenze: esse dovranno essere accorpate alle Prefetture e sottomesse alle medesime. Passeranno come organi di polizia e di pubblica sicurezza al Ministero dell'Interno? Ancora non è chiaro. E' chiarissimo da subito che i loro poteri vengono nettamente ridimensionati e con essi la tutela dei beni culturali e ambientali. Viva la "modernità" cementizia che avanza.
L'ultimo (per ora) colpo assestato al sistema "ottocentesco" (in realtà rimonta ai Granduchi di Toscana e a Pio VII, a Canova, ma per fortuna Renzi non lo sa) delle Soprintendenze e al Ministero voluto dal fiorentino di città Giovanni Spadolini è costituita dalle nomine alla guida dei 20 Musei "di eccellenza". Tutti i candidati di provenienza ministeriale sono stati bocciati (tranne uno appena), sicuramente tutti gli archeologi. Su 20, soltanto 7 sono italiani e altri 13 stranieri. Hanno partecipato alla selezioni i direttori di grandi musei stranieri? Nemmeno per idea. Oppure dei grandi manager? Neppure quelli. Fra gli italiani promossi ci sono specialisti importanti nella gestione museale dai curriculum stellari ? No. Al formidabile Museo Archeologico di Napoli hanno nominato il direttore del Museo di Cortona coautore di una guida a quel museo e di pubblicazioni varie sul vino, il cibo, le medicine degli Etruschi; alla mirabile e complessa "Versailles italiana" di Caserta un esperto di marketing con all'attivo due libri sui cimiteri; al più splendido Museo della Magna Grecia, a Taranto, una studiosa di archeologia medioevale. Alla richiesta pressante di rendere pubbliche le terne finali della selezione si è risposto che non è possibile. I curriculum però la dicono già lunga tanto modesti o inappropriati risultano.
Evidentemente si è voluto ribadire che l'intero corpo dei Beni Culturali è composto da burocrati non all'altezza, anche quello scaturito a suo tempo da concorsi di alto livello. Chi viene dalle Soprintendenze, per bravo e qualificato che sia, porta quel marchio originario di "infamia" e quindi va ricacciato nella sua tana burosaurica. Non disse forse Matteo Renzi: "Sovrintendente, ma de che". Appunto.
Ha ragione un grande studioso e docente di archeologia, Fausto Zevi, il cui curriculum peraltro è ombrato dal fatto di essere stato anche ottimo soprintendente, a Roma e a Napoli: per questa via - Sblocca-Italia, leggi Madia, nomine nei musei di eccellenza - "si decapitano il Ministero e la tutela". E' una spaventosa regressione rispetto alle leggi granducali, pontificie, giolittiane, bottaiane, spadoliniane. Si torna al liberismo selvaggio, alla barbarie sottoculturale. In un Belpaese ridotto spesso a Malpaese, sfregiato, manomesso, deturpato, ferito. Meno tutele, meno controlli, meno correzioni o modifiche "competenti" gli faranno un gran bene. Finalmente ci si libera dell'articolo 9 della Costituzione e del concetto di "interesse generale". Era ora, no?

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