lunedì 30 novembre 2015

in galera in El Salvador

Finire in galera in El Salvador

Pubblicato: Aggiornato: 
EL SALVADOR PRISON
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Più di 900 morti ammazzati al mese; migliaia di madri alla ricerca di figli scomparsi; l'aumento di casi di suicidio giovanile; una parte dell'opinione pubblica che preme per il ripristino della pena di morte; abbondanti flussi di emigrazione illegale e tanta, tanta gente onesta che resiste. Gli altri, quelli che delinquono, per lo più muoiono giovani o finiscono in galera. Non è la descrizione di un Paese formalmente in guerra, ma de El Salvador, che vive negli ultimi anni un crescendo di violenza e sopruso.
"Parmi assurdo che le leggi che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio" scriveva Cesare Beccaria contro la pena di morte che per tanti ormai è la soluzione per estirpare alla radice il problema.
Le carceri de El Salvador raccolgono criminali efferati: sono leggendarie le male azioni praticate dalle maras e dalle pandillas, le organizzazioni più violente al mondo, tanto che verrebbe spontaneo contraddire Beccaria. Eppure, visitando le stesse carceri e parlando con i condannati che hanno scelto una via diversa, il cuore si apre alla speranza e Beccaria torna ad avere ragione. La Cooperazione Italiana in El Salvadorsta orientando il proprio intervento in questa prospettiva. Il carcere può significare un incontro con la scuola, la cultura, un lavoro artigianale, un incontro con chi normalmente non si incontra per le condizioni, i contesti in cui si è nati.
Su questi semi di cambiamento e sul nostro illustre antenato punta il lavoro dei programmi realizzati in collaborazione con il Governo di El Salvador per il contrasto della criminalità organizzata attraverso il piano "El Salvador seguro", ma anche Organismi internazionali come l'IILA, o nazionali come ISNA per il "recupero" delle giovani donne incarcerate ancora in età minorile. Spesso le ragazze sono condannate per reati minori legati all'estorsione e altrettanto spesso indotte da familiari e congiunti a delinquere in un contesto che lascia poche vie di scelta. E il contesto è il contenitore in cui si incubano sia i semi della criminalità, ma anche quelli positivi, che puntano a una forma di resistenza. C'è da distinguere tra violenza e condizioni della violenza. Come tra bellezza e condizioni della bellezza: ognuno di noi può agire sulle condizioni e così fa la Cooperazione Italiana sostenendo il lavoro sul campo delle scuole di pace della Comunità di Sant'Egidio, dell'Università di Roma Tre, delle ONG Soleterre, Educaid e il Centro Elis, che coinvolgono i giovani in attività artistiche, culturali e di sostegno scolastico.
L'Università di Roma Tre è impegnata nella Capitale e nei comuni di Izalco, Santa Ana e Zacatecoluca, dove ha sede il carcere che ospita uomini con i maggiori carichi penali pendenti, denominato "Zacatraz". La "Escuela Taller" darà l'opportunità a duecento giovani di recuperare, apprendendo un mestiere artigianale, parti di centri storici o edifici cadenti delle loro città. Cura e recupero significano anche ricerca di un'appartenenza identitaria, significano liberare spazi, riappropriarsi di una storia e di un territorio. 
Centro Elis porta avanti il tutoraggio, la formazione di giovani, famiglie, operatori sociali e agenti di sicurezza. Promuove campagne d'informazione e ricerche sul fenomeno della criminalità giovanile. "Soleterre" inietta cellule di positività nei quartieri difficili attraverso percorsi artistici riservati a bambini e adolescenti. Il teatro, la giocoleria, la musica, la pittura sono mezzi efficaci nella mitigazione della violenza e nel filtrare energia positiva dall'esperienza quotidiana.
Attraverso l'alacre impegno delle altre ONG italiane sul territorio, come ACRA, ISCOS, Africa '70 e organizzazioni internazionali come il PAM e lo IAO, molto si previene supportando le diverse esigenze della popolazione in termini di progetti che puntano sull'economia, sulla casa e sull'assistenza con un carico di sostenibilità.
Finire in galera è un modo di dire, ma anche e paradossalmente un modo di sopravvivere. Cominciare in galera è l'auspicio di chi nel carcere non vede solo il luogo dell'espiazione, ma la possibilità di recuperare una vita.

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