lunedì 30 novembre 2015

laicità e laicismo

Laici, perciò rispettosi della religiosità

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La decisione del preside di un istituto comprensivo di Rozzano di rinviare a Gennaio il concerto di Natale, sostituendolo con una sorta di "festa dell'inverno" nella quale sono tassativamente vietati canti e riferimenti al Natale cristiano è solo l'ultimo episodio di una lunga serie. Tanto per citarne uno, qualche giorno fa Virginio Merola, sindaco di Bologna, ha replicato alla proposta di esporre il crocifisso nelle scuole a seguito degli attentati di Parigi bollandola come una "cosa che appartiene al Medioevo".
Esistono diverse interrogazioni e proposte di legge parlamentari per attuare la rimozione dei crocifissi dagli edifici pubblici: l'UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) promuove addirittura una campagna in tal senso, denominata"Scrocifiggiamo l'Italia", motivata dalla necessità di ripristinare la laicità dello stato e di abolire un privilegio riservato alla Chiesa Cattolica.
La sentenza della Corte Europea del 18 marzo 2011 sancisce che il l'esposizione del crocifisso non viola i diritti di insegnamento e di educazione della prole e che "nulla prova l'eventuale influenza che l'esposizione di un simbolo religioso sui muri delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni; non è quindi ragionevolmente possibile affermare che essa ha o no un effetto su persone giovani le cui convinzioni sono in fase di formazione".
L'intolleranza verso i simboli religiosi è un paradosso per una società che al giorno d'oggi pretende di definirsi liberale e plurale, e perciò ugualmente rispettosa di tutte le confessioni. Laddove però questa laicità prende la sembianze del laicismo le cose inizia a verificarsi quanto profetizzato già nel 1960 in una lettera della CEI all'episcopato italiano:
"Nel laicismo è possibile identificare [...] una tendenza o, meglio ancora, una mentalità di opposizione sistematica ed allarmistica verso ogni influsso che possa esercitare la religione in genere e la gerarchia cattolica in particolare sugli uomini, sulle loro attività ed istituzioni. Ci troviamo, cioè, di fronte ad una concezione puramente naturalistica della vita dove i valori religiosi o sono esplicitamente rifiutati o vengono relegati nel chiuso recinto delle coscienze e nella mistica penombra dei templi, senza alcun diritto a penetrare ed influenzare la vita pubblica dell'uomo (la sua attività filosofica, giuridica, scientifica, artistica, economica, sociale, politica, ecc.). Abbiamo, così, innanzitutto un laicismo che si identifica in pratica con l'ateismo. Esso nega Dio, si oppone apertamente ad ogni forma di religione, vanifica tutto nella sfera dell'immanenza umana".
Durante un'intervista al quotidiano Repubblica, l'allora prefetto per la Congregazione per la dottrina della Fede e futuro pontefice Joseph Ratzinger invece definì la laicitàcome "la libertà di religione" aggiungendo che "lo Stato non impone una religione, ma dà libero spazio alle religioni con una responsabilità verso la società civile, e quindi permette a queste religioni di essere fattori nella costruzione della vita sociale".
Il problema del senso religioso non può essere risolto semplicemente rimuovendolo, come pretende un certo radicalismo. Come ebbe a dire Giovanni Paolo II:
"Nell'ambito sociale si sta diffondendo anche una mentalità ispirata dal laicismo, ideologia che porta gradualmente, in modo più o meno consapevole, alla restrizione della libertà religiosa fino a promuovere il disprezzo o l'ignoranza dell'ambito religioso, relegando la fede alla sfera privata e opponendosi alla sua espressione pubblica [...] Un corretto concetto di libertà religiosa non è compatibile con questa ideologia, che a volte viene presentata come l'unica voce della razionalità. Non si può limitare la libertà religiosa senza privare l'uomo di qualcosa di fondamentale".
Si capisce dunque che una delle sfide più grandi per il nostro Occidente ferito sarà quella di ristabilire un rapporto corretto con la religiosità, non più vista come minaccia alla laicità dello Stato ma semmai come contributo alla sua crescita.

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