lunedì 30 novembre 2015

nessuna bambina e nessun bambino deve morire in mare

Nessun bambino deve morire in mare

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PROFUGHI SIRIA
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Capisco che non sono un personaggio noto quindi non merito risposta né qui, né sui social né tantomeno sulla grande stampa. Comprendo che l'argomento non "tira" e capisco che a qualcuno comincio anche a "rompere le scatole" ma davvero non vi sembra assurdo, inaccettabile, registrare ogni giorno la morte di bambini in mare, annegati, mentre cercano di arrivare in Grecia o in altri paesi? Davvero troviamo normale leggere oramai quotidianamente che a largo delle isole greche muore un bambino, così, come tante altre notizie, senza immaginare immediatamente misure di protezione per impedirlo?

Sono morti, ripeto morti, 700 bambini in mare da gennaio, una media di 2 al giorno per fare una inutile statistica, senza che nessuno si indigni, mai. Come se fosse normale, come anche le morti che ci siamo lasciati alle spalle nei mesi scorsi nel "nostro" mare liquidate con qualche settimana di titoloni sui giornali, dirette tv e "petti battuti" dall'orrore all'occorrenza. Le morti continuano. E sono bambini. Nel caso del piccolo Aylan molti, non tutti, diciamo la maggior parte di quelli che guidano i grandi network mediatici, hanno deciso di mostrare quelle immagini ai cittadini lettori, per "far capire" il fenomeno, per chiedere misure urgenti e soluzioni. Cosa è accaduto? Che i bimbi in mare durante le traversate continuano ad annegare, ogni giorno, senza titoli, né aperture di tg.
Erano e sono tuttora fatti che gli addetti ai lavori conoscono bene, sono storie che stanno lì spesso chiuse, nascoste, sotto i fondali marini e che tornano a galla quando un altro corpo innocente si aggiunge ai tanti dispersi a metri e metri di profondità, come le casseforti dei tesori nascoste nelle stive delle navi dei pirati affondate, che alimentano le leggende dei libri che leggiamo ai nostri figli prima di andare a dormire. Poi capita Parigi e le cronache sulle politica estera dei nostri tg abbandonano il dibattito su politica, sindaci dimessi, partiti in decomposizione, leggi elettorali etc. per occupare il 70 per cento dello spazio ad ogni fascia del giorno. Giusto così. Ci mancherebbe. Era ora.
Ma è retorico chiedersi dove eravamo 4 estati fa quando morivano in Siria 4 bambini al giorno che poi sono diventati migliaia? Dove ci trovavamo quando i profughi in fuga da quelle zone da poche migliaia diventavano milioni e i campi profughi da piccoli agglomerati di tende si ingrandivano fino a diventare città tra le più grandi dei paesi che li ospitano? Non bastano le immagini di Aylan riverso sulla sabbia, Sena con i vestiti bagnati e tanti come loro. Il finale è sempre lo stesso, dimenticati in mare, come i bimbi del Nepal, anche loro lasciati lì, tra le montagne, senza casa, senza niente, dopo che per settimane abbiamo fatto a gara per raccontare le loro storie di vita distrutte dal terremoto. Sette mesi fa. Non tantissimo.
A cosa (o a chi) è servito sbattere in prima pagina il corpo di un bambino steso sulla sabbia, gli occhi chiusi come se dormisse, se poi non seguono soluzioni, se nel mediterraneo suoi coetanei continuano a morire e noi, tutti, leggiamo questo bollettino di morte come una notizia qualsiasi e cambiamo canale? Noi, i telespettatori, ora siamo più che informati. Spetta a chi governa le sorti d'Europa o del mondo fermare questa assurdità. Lo dico senza retorica, con la disperazione di chi è "assuefatto oramai anche all'appello umanitario". Un bambino o una bambina non possono morire mentre fuggono della guerra per cercare pace e salvezza. Non devono morire innocenti al freddo tra le montagne in Nepal perché è finito il carburante. Non deve morire nessuno. Ieri è iniziato il Giubileo della misericordia. Proviamo a non far morire nessun bambino. Che frase sciocca vero? Non è facile ma è una vergogna, ripeto una vergogna, il solo pensiero che sia impossibile.

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