mercoledì 27 aprile 2016

GAP e diritto all'acqua

La lezione dei Gap e il diritto all’acqua

by Riccardo
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di Andrea Muehlebach*
Eravamo in quattro nel buio della notte, in piedi a un angolo di strada nel bel mezzo di un piccolo comune del Mezzogiorno italiano. Le nostre facce erano illuminate debolmente dalle luci di un bar, la cui musica forniva ritmo alle nostre intenzioni. Ero giunta a quell'angolo di strada grazie a due amici, ai quali avevo raccontato di voler andare fino a Roma per incontrare i Gruppi antidistacco popolari (Gap): una piccola cellula di “guerriglieri militanti” per il diritto all’acqua della quale ero venuta a conoscenza solo di recente. I Gap erano giunti alla ribalta delle cronache per avere aperto una serie di sportelli anti-distacco e per alcune azioni notturne svolte nella capitale nel novembre del 2015. A quanto pareva, i Gap uscivano di notte per andare riallacciare i collegamenti idrici di quelli che si ritrovavano senza acqua in casa per non aver potuto ottemperare a tariffe idriche in costante aumento.
I Gap utilizzavano lo stesso acronimo dei Gruppi di Azione Partigiana operanti durante la seconda guerra mondiale. Coerentemente al loro nome, agivano come un piccolo esercito resistente, pronto a battersi per il diritto all'acqua pubblica e in difesa di un risultato referendario oramai sempre più inatteso dalle istituzioni dello StatoNon era solo la notte a nascondere le azioni notturne dei Gap. Ognuno di loro indossava un'uniforme: una tuta blu e una maschera di Super Mario, il famoso idraulico dei videogiochi Nintendo. A quanto pareva, però, non serviva andare fino a Roma per incontrare i membri del Gap. Tali forme di attivismo erano ben presenti persino in quell'angolo di Mezzogiorno dove ci trovavamo quella notte.
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Riallacciare gli attacchi idraulici dei cittadini morosi non è reato da poco in Italia,dove azioni del genere sono considerate dalla legge vigente quali furti aggravati; e pertanto punite da tre a sei anni di carcere. In altre nazioni europee, invece, specifiche leggi anti-distacco prevenivano questo tipo di azioni. In Francia, per esempio, la legge Brottes del 2013 definiva incostituzionali i distacchi idrici a danno di utenti nell'oggettiva impossibilità economica di far fronte alle bollette. A tal proposito, il Consiglio Costituzionale francese aveva esplicitato nel 2015 come sia il diritto dei cittadini all'acqua che gli obiettivi ispiranti la delibera del 2013 erano da considerarsi  "al di sopra delle norme del diritto contrattuale e della libertà di impresa". Il Consiglio Costituzionale d'oltralpe aveva infine definitivamente rigettato il ricorso esposto dalla compagnia idrica privata Saur, che aveva denunciato in merito una violazione eccessiva "à la liberté contractuelle et à la liberté  d'entreprendre".
4-2In Italia invece una recente sentenza del Tar del Lazio aveva dato torto a quei pochi sindaciche si erano opposti ai distacchi, confermando tale “diritto” da parte dei gestori privati di servizi idrici; un segnale forte e distinto del fatto che gli apparati pubblici Italiani gestivano  libertà e i diritti in modo radicalmente diverso rispetto a quelli di altri paesi comunitari come la Francia[1]. Ecco perché i Gap erano così importanti. La loro piccola guerriglia non solo puntava a risarcire gli indigenti con un minimo flusso vitale, ma anche a esprimere una tecno-politica radicale che vedeva nel tubo e nel contatore le armi di un'insurrezione popolare per il diritto all'acqua e alla democrazia minacciate dalle infinite libertà del mercato.
Simili battaglie contro la politica dei distacchi sono state dichiarate in tutto il mondo. Negli Sati Uniti, per esempio, la “Detroit Water Brigade" ha mobilitato fin dal 2014 migliaia di manifestanti in azioni dirette volte a bloccare i camion inviati per togliere l’acqua senza preavviso a più di 30.000 famiglie. In Sudafrica, invece, i contatori prepagati erano diventati sia simboli di espropriazione (visto che bloccavano automaticamente l'accesso all'acqua in caso di mancato pagamento) che veri e propri congegni di controguerriglia, dato che gruppi militanti di elettricisti in lotta (i cosidetti “struggle electricians”) riallacciavano regolarmente i quadri elettrici e gli attacchi idrici dei cittadini più indigenti. Quindi i Gap non erano soli. Essi militavano piuttosto nei ranghi di un esercito che attraversava il globo impiegando tecnologie talmente quotidiane da sfiorare il banale per affermare diritti e libertà pubbliche.
Ad ogni modo, io ero rimasta lì, all'angolo di una strada di questo paesino del Sud Italia in compagnia dei miei due amici e di un tale A.; un uomo dalla retorica talmente eloquente da essere assai difficilmente riprodotta da carta e inchiostro. Mentre muoveva il mozzicone acceso di una sigaretta come un direttore d'orchestra muoverebbe la sua bacchetta, A. ci raccontava la sua storia. Una storia ricca di gioia, dramma, suspense e risate.
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“Faccio parte di un collettivo - aveva attaccato A. - Già da tempo sapevamo di una famiglia che non era in grado di pagare la bolletta dell’acqua. Stiamo parlando di una famiglia con tre figli... tutti senza lavoro né risorse. Una famiglia decisamente non-abusiva. Gente per bene a detta di tutti quanti. Così abbiamo deciso di fare una azione di ri-allaccio, ispirata ai Gap di Roma. Ma come fare? Abbiamo chiesto l’aiuto di un nostro amico, un idraulico. Prima ci ha spiegato come procedere. Poi, alla fine, si è sentito ispirato pure lui e ha deciso di seguirci. Così ci siamo organizzati una notte. Eravamo in cinque, armati con un contatore nuovo di pacca e un tubo. Il nostro scopo era riallacciare l’acqua per farla scorrere là dove doveva scorrere. E non è che non ci stessimo cagando sotto, per carità! Eravamo consci del fatto che il riallacciamento fosse un reato significativo, ma sapevamo anche che si può essere incolpati per un reato del genere solo se se si viene colti in flagrante. Ciò significa che se finisci l’allacciamento e te ne vai fuori dalle scatole senza che ti becchino, hai scampato ogni pericolo. Sapevamo anche di dover agire all'esterno delle case in questione. Riallacciare l'acqua dall'interno poteva infatti portare a pesanti conseguenze legali per i proprietari.
Aspettavamo lì nel bel mezzo della notte, per strada, davanti al contatore esterno di questa casa dove dovevamo fare il riallaccio. Ricordo momenti di ansia finita in caciara per l'arrivo di una spazzatrice stradale dal nostro lato di strada. Quella se ne stava lì a ripulire la strada con una lentezza esasperante, mentre noi eravamo nel mezzo a complottare e aspettare. Subito dopo una macchina si avvicinò a noi. Ne scese un uomo, che iniziò ad incamminarsi silenzioso verso la nostra postazione: un altro tranquillo minuto di paura che nemmanco in un film di James Bond. Che cavolo voleva da noi questo? Ci eravamo appostati davanti a un distributore automatico di sigarette. L'uomo voleva fumare. E così, dopo qualche altro lunghissimo minuto, l'uomo se ne andò via. Il riallaccio in sé è stato storia di cinque minuti. Ed è stato bellissimo. Non dimenticherò mai il momento in cui abbiamo fissato il tubo e riattivato il contatore. Si è sentito un rumore sordo di acqua che scorreva: il suono della libertà, il suono del diritto, il suono della democrazia! Alla fine, abbiamo appiccicato uno sticker dei Gap sul contatore e ce ne siamo telati alla chetichella”.
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Come antropologa impegnata nello studio dei movimenti europei in difesa del diritto all'acqua pubblica ero rimasta intensamente colpita dal fervore espressomi da A. quella sera. Il suo racconto sul flusso dell'acqua finalmente restaurato esprimeva una vera e propria gioia per il diritto. Dal mio punto di vista, tanto questa passione quanto le azioni sociali che ne scaturivano, erano forse una delle principali conquiste dell'alfabetizzazione politica realizzatasi per mezzo della campagna referendaria sul diritto all'acqua del giugno 2011. Questa alfabetizzazione ha consentito agli italiani di articolare qualcosa di assolutamente unico a livello sia nazionale che internazionale: la costruzione di un scala di valori diametralmente opposta a quella offerta dal mercato e le sue logiche di mercificazione e rientro categorico dei costi di spesa.
Nel 2011, il popolo italiano aveva affermato questa scala di valori per mezzo dei suoi due “sì” contro la privatizzazione delle risorse idriche e per la trasformazione del patrimonio acquifero nazionale in bene comune. Esso aveva quindi dischiuso un orizzonte culturale dove il puro calcolo fiscale (l’apparente buon senso del “se non paghi, ti togliamo l'acqua”) veniva sostituito con un calcolo radicale di diritto, e dove la logica del contratto privato tra cliente-consumatore e azienda veniva sostituita da una visione di società non basata sull'individuo, ma sul sociale e il bene comune; i quali venivano ad esprimersi tramite la cura democratica e trasparente per questa preziosissima risorsa.
Rnasone acqua pubblica1276258105iflettendo sul mio incontro notturno con A. mi rimangono impresse le tracce di questa gioia intensa per il diritto. Ma rimane anche un germoglio di tristezza per il triste destino del risultato referendario, il quale rispondendo al secondo quesito con voce fortecancellava di fatto dalla legge la frase "l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito"; una frase recentemente reintrodotta dall'articolo 25 della Legge Madia a cura del Governo Renzi. Il destino del risultato referendario sembra quindi oggi segnato ancor più tragicamente dal fatto che il testo della legge riguardante la gestione pubblica del servizio idrico approvato alla Camera l'Aprile 2016 è radicalmente diverso, sia nella forma che nei principi, da quello depositato dal Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua ben nove anni fa e corredato  da oltre 400.000 firme.
La gioia per il diritto restaurato non può quindi che affiancarsi alla crescente tristezza per il fatto che una conquista politica così unica potesse ridursi a una battaglia clandestina per il dominio di tubi e contatori, minimizzando così (per legge!) la volontà espressa dal popolo sovrano. L'azione legislativa del popolo veniva così ridotta a una serie di atti di microcriminalità insorgente. La legge si era trasformata nel suo contrario, e l'illegalità in legge.
Grazie di cuore a Salvatore Giusto, Mario Visone, Raffaele Comunitario e A.

*Andrea Muehlebach, Professoressa associata di Antropologia Culturale presso la Università di Toronto in Canada. Sta conducendo uno studio sui movimenti per l’acqua pubblica in Europa.
[1] http://craproma.blogspot.de/2015/11/ripartono-i-gap-gruppi-antidistacco.html

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